martedì 30 ottobre 2007

Il Papa e i farmacisti


"L'obiezione di coscienza è un diritto che deve essere riconosciuto alla vostra professione, permettendovi di non collaborare direttamente o indirettamente alla fornitura di prodotti che hanno per scopo scelte chiaramente immorali come per esempio l'aborto e l'eutanasia". Lo ha detto ieri mattina papa Benedetto XVI ricevendo in Vaticano i farmacisti cattolici convenuti a Roma in occasione del loro Congresso mondiale dal titolo 'Le nuove frontiere dell'atto farmaceutico'.
Queste le testuali parole pronunciate dal Capo della Chiesa cattolica ai farmacisti cattolici, esortandoli, proprio in virtù del fatto di essere cattolici, esplicitamente alla disobbedienza, dimenticando(?) che cattolici, o no, i farmacisti sono comunque professionisti soggetti alla Legge dello Stato italiano, uno stato sovrano, pur se ospita nel suo territorio uno Stato straniero, quale è il Vaticano, libero per bocca del suo Capo di esprimere il proprio parere su questioni di ordine morale e religioso, ma non libero di interferire e contrastare le Leggi di uno stato sovrano, qual è quello italiano.
Vorrei ricordare a Benedetto XVI le parole limpide e molto chiare di Camillo Benso conte di Cavour: "Libera Chiesa in libero stato".

venerdì 26 ottobre 2007

Medico e paziente





Facendo seguito a quanto detto nella puntata precedente riguardo alla opportunità, da parte del medico non specialista in psichiatria, che sospetti nel suo paziente una patologia di ambito psichico, di valutare attentamente con se stesso, l’opportunità di seguire in prima persona il suo paziente, o di affidarlo ad uno specialista di sua fiducia, mi permetto, approfittando della opportunità offertami da questa occasione, di fare un discorso, per me specialista, molto serio ed importante, al presente, ma soprattutto per gli sviluppi a venire che questa decisione comporterà, sul futuro del paziente, soprattutto quando questi è un paziente plausibilmente depresso.
Mentre infatti è fuori di dubbio che una patologia “maggiore” come per esempio una psicosi, sia essa schizofrenica, o maniaco depressiva, o una depressione endogena monopolare, o una temibile depressione post partum è di stretta e unica competenza specialistica, per quanto riguarda le forme depressive “minori” cosiddette reattive, secondo una terminologia in disuso, ma per me sempre valida ed esaustiva, le forme depressive che si manifestano prevalentemente con sintomatologia psicosomatica, le depressioni cosiddette “mascherate”, dette così non certo perché si sviluppano prevalentemente nel periodo di carnevale, ma piuttosto perchè in esse manca, o non è così evidente il sintomo cardinale della depressione, l’umore depresso, o deflessione negativa del tono dell’umore, ma esso è piuttosto sostituito, o sopravanzato da sintomi che in genere fanno corteo al sintomo principale, ma in questo caso sono isolati, o prevalenti, o richiamano maggiormente l’attenzione del paziente e quindi anche del medico, “equivalenti depressivi” secondo una felice denominazione, in questi casi, dicevo, ci troviamo in quella sottile linea di confine, non troppo definita e definibile che separa le competenze del medico di famiglia da quelle del medico specialista.
Se infatti queste forme depressive cosiddette minori sono relativamente facili da diagnosticare, con l’unica eccezione delle depressioni “mascherate”, non altrettanto si può dire per la terapia che richiede competenze specifiche e conoscenze altrettanto specifiche della psicofarmacologia, ma non solo di questa, essendo a volte opportuna piuttosto una psicoterapia, o altre volte una associazione delle due terapie.
Spetta quindi alla capacità professionale del medico, ma anche soprattutto alla sua sensibilità morale il compito non facile, di fronte ad un paziente per il quale abbia formulato una diagnosi di depressione “minore”, chiamiamola così per brevità e facilità, di decidere se sia opportuno prendere in cura personalmente il paziente, consapevole delle responsabilità materiali, ma soprattutto morali che questa scelta comporta, oppure affidare da subito il suo paziente ad uno specialista di sua fiducia.
Nel caso in cui decida di seguire personalmente il paziente, quali sono i rischi ed i problemi cui il medico deve prestare attenzione?
Il primo e più importante è quello, ovviamente diagnostico, per una patologia che a prima vista può sembrare facile da riconoscere, ma che può essere invece infida, ingannevole ed irta di trabocchetti.
Conseguente a questo ed a questo consequenziale è il problema terapeutico, come prima accennavo, che già nella scelta della sola psicofarmacologia, comporta una competenza ed una conoscenza specifica, nonché dimestichezza con gli psicofarmaci, farmaci non pericolosi, ma delicati da maneggiare e purtroppo gravati dal peso di pregiudizi, frutto di disinformazione e cattiva informazione e per questo poco graditi dai pazienti portati ad ipervalutare gli eventuali effetti collaterali, per giustificare un rifiuto della assunzione di questi, dopo una brevissima e conflittuale assunzione.

Un terzo rischio, molto frequente purtroppo e gravido di pesanti conseguenze è specificatamente medico e consiste nella prescrizione di questi, per un criterio di malinterpretata prudenza, o di mancata dimestichezza con questi, con posologia inadeguata, o inferiore a quella terapeutica, ottenendosi così, nella migliore delle ipotesi, il risultato insufficiente di un miglioramento clinico, ma mai di una completa guarigione. Analogo al precedente e per gli stessi motivi il rischio di una terapia corretta nella scelta del farmaco e della posologia, ma interrotta troppo precocemente, con il risultato spiacevole di una guarigione solo apparente, ma non consolidata e la ripresa della sintomatologia depressiva, alla prima difficoltà esistenziale.
Si viene in tal modo ad avvalorare equivocatamente la leggenda falsa della depressione, come malattia inguaribile e dalla quale, una volta entrati, non si esce più.
Per ultima una considerazione di ordine psicologico, a mio parere molto importante: Quando il medico si assume il compito di seguire un paziente depresso deve essere consapevole che si tratta di un impegno gravoso e che dovrà essere condotto personalmente fino alla fine.
Non vi è nulla di peggio per un paziente affetto da depressione, dopo un primo tentativo terapeutico instaurato dal proprio medico ed alla luce dell’insuccesso di questo, vedersi affidato ad un altro medico, uno specialista, per una terapia più appropriata. Può risultare devastante.

Domenico Mazzullo
d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com

giovedì 18 ottobre 2007

“Lucia s'addormentò d'un sonno perfetto e continuo".


“Lucia s'addormentò d'un sonno perfetto e continuo.
Ma c'era qualchedun altro in quello stesso castello, che avrebbe voluto fare altrettanto, e non poté mai”

Con queste parole Alessandro Manzoni introduce la notte insonne dell’Innominato, la sua notte tragica in cui, come nell’animo di qualunque paziente depresso e insonne, passa di tutto, financo l’idea del suicidio come liberazione da questa sofferenza indescrivibile ed inimmaginabile per chi non l’abbia provata.
Ci siamo lasciati con il medico che, avendo ascoltato le lamentele riguardanti il sonno espresse dal nostro paziente immaginario ed avendo concluso non esserci alcuna patologia organica, come plausibile responsabile dell’insonnia, messo sull’avviso dalle caratteristiche stesse del disturbo del sonno, quali sono state descritte dal paziente e quindi definibile come una insonnia lacunare e terminale, ma anche insospettito dalla sintomatologia vaga ed aspecifica, multiforme e variegata da questi denunciata, senza per altro averla messa in relazione con il problema riguardante il suo sonno, inizia a sospettare che il suo paziente stia soffrendo di una forma iniziale di depressione, non ancora conclamata ed evidente, ma purtuttavia presente e già fortemente disturbante la sua esistenza.
Come abbiamo detto in precedenza e per questo motivo sarebbe un grave errore ed una pericolosa leggerezza somministrare al paziente, sic et simpliciter un ipnotico, una benzodiazepina, in genere, che raggiungerebbe certo lo scopo, rapido e apparentemente soddisfacente di permettere al paziente di dormire una notte dopo tante insonni, ma che agendo come solo sintomatico, non risolverebbe certo il problema nella sua eziologia, lasciando incurata la causa e quindi condannerebbe il paziente a soffrire di nuovo di notti insonni, nel momento stesso in cui la benzodiazepina venisse sospesa, o, al contrario e come purtroppo nella maggior parte dei casi accade, ad essere condizionato ad un uso continuo e costante di ipnotici serali, pena di nuovo, in caso contrario, la ripresa dell’ insonnia, come e peggio di prima.
Si otterrebbe così una sequela di molteplici errori e di conseguenze negative per il paziente: prima fra tutte che la depressione iniziale e non ancora conclamata, resterebbe così non riconosciuta e non diagnosticata, rimanendo così, di conseguenza non curata, fino a quando, inevitabilmente, spesso dopo anni, si manifesterebbe in tutto il suo fulgore, venendo quindi finalmente solo allora e tardivamente riconosciuta; in secondo luogo purtroppo avremmo condannato il nostro paziente ad un bisogno ed un conseguente uso continuativo ed inalienabile di ipnotici, divenuti indispensabili per conseguire il risultato di una notte di sonno soddisfacente, per ultimo, ma non meno importante si verrebbe a creare ed avvalorare il falso mito della temuta e paventata dipendenza dai farmaci, divenuta ormai un pregiudizio ed un luogo comune diffusissimo e difficilmente eradicabile, con il risultato di allontanare e tenere lontano da terapie necessarie, indispensabili ed utili, moltissimi pazienti che ne avrebbero bisogno e se ne gioverebbero, ma vi rinunciano per paura, per cattiva conoscenza, per disinformazione, per pregiudizio, di cui spesso siamo noi medici inconsapevoli responsabili ed artefici, con una condotta terapeutica purtroppo superficiale e solo sintomatica.
Cosa deve fare, a questo punto il nostro medico? Prima di tutto e come sempre una diagnosi precisa, indispensabile per una corretta ed adeguata terapia.
Abbiamo visto che il paziente si è da lui recato per una incoercibile insonnia, ritenendo questo il suo disturbo fondamentale che gli arreca grande disagio e dal quale vorrebbe giustamente essere liberato, ma assieme all’insonnia ha denunciato vaghi malesseri, difficilmente definibili e altrettanto difficilmente riconducibili ad una patologia specifica, sintomi che isolati hanno scarso significato clinico, ma che associati ad una insonnia lacunare e terminale, assumono un valore ed un peso specifico ben superiore e debbono necessariamente suggerire nel medico il legittimo sospetto che siano riconducibili alla depressione.
A questo punto il medico, messo sull’avviso deve procedere con estrema cautela nell’indagine, ponendo delle domande specifiche, che non possano e non debbono in alcun modo influenzare, con la loro formulazione, le risposte del paziente, muovendoci in un ambito delicato ed irto di difficoltà, ben diverso da quello dell’indagine clinica in ogni altro ramo della Medicina, ambito in cui nulla vi è di definito ed assoluto, in cui ci si muove per sfumature di significato e per sensazioni soggettive, per nulla quantificabili ed obbiettivabili. Ciò rende la dimensione della psiche così complessa e ardua, ma anche così affascinante e mai per nulla noiosa e scontata.
Se il medico non psichiatra, per sua attitudine e sensibilità si sente disponibile ad investigare questo campo, forte anche della sua esperienza umana, della conoscenza personale e familiare del paziente, e quindi della sua fiducia ed affidamento, può certo anche procedere autonomamente, ma se solo ha il sospetto di non essere adeguato, allora è bene ed opportuno che fin da ora e non dopo, successivamente e tardivamente, si rivolga e chieda aiuto ad uno specialista al quale indirizzare il suo paziente per una valutazione specifica ed una eventuale terapia specifica, sempre nell’interesse del suo assistito.
Nulla di peggio, in questi casi che prescrivere una terapia solo sintomatica, aspecifica, in assenza di una diagnosi molto precisa, terapia che fallendo il suo scopo, sarà inevitabilmente responsabile dell’insorgenza nel paziente di sfiducia e scetticismo, verso le terapie in genere e la possibilità di guarire.
Come procedere allora? Lo vedremo nella prossima puntata.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com

Pane amore e....sanità


Vorrei proporre al Presidente del Consiglio Romano Prodi e al Ministro della Salute Livia Turco, assieme accomunati nella presentazione della nuova pubblicità, che magnifica la condizione della Sanità in Italia, di presentarsi assieme e distribuire personalmente ai cittadini ed utenti di questa meravigliosa Sanità pubblica, nelle sale di attesa degli ambulatori pubblici, agli sportelli delle USL ove ci viene comunicato che dobbiamo attendere mesi per un esame urgente, nei Pronto soccorso degli ospedali, ove i pazienti abbandonati su fatiscenti barelle attendono ore il loro turno prima di essere visitati, ai familiari della paziente deceduta dopo che le era stato asportato un rene sano, per uno scambio di cartelle cliniche, per citare solo l'ultimo caso di cronaca, la pubblicità suddetta commissionata, chissà perchè proprio ad Oliviero Toscani, ed ascoltarne i commenti....
Forse potrebbe loro essere utile per comprendere meglio il Paese che pretendono di amministrare e ...curare.

mercoledì 17 ottobre 2007

Politica e passera


Politica e passera
Mauro Zennaro

"Oggi mio figlio quindicenne, entrando a scuola, ha ricevuto questa cartolina.

Non intendo perdere tempo con inutili chiacchiere tipo "immaginatevi la sorpresa" eccetera. E sia chiaro che, di fronte a tale dimostrazione di miseria mentale e pessimo gusto, nonché imbecillità politica, non intendo nemmeno adottare un linguaggio politicamente corretto.
Nemmeno voglio esprimere una protesta in chiave politica. Spero che lo farà qualche donna al posto mio, se lo riterrà opportuno"
Ho letto questa lettera firmata che un genitore scandalizzato e adirato ha pubblicato su un blog.
Concordo pienamente con l'opinione espressa dal genitore scandalizzato e, pur senza figli, sono scandalizzato anche io nell'apprendere che il neonato Partito (cosiddetto) Democratico utilizzi tale sottospecie di propaganda, ma soprattutto sono indignato per il fatto che questa pseudopropaganda venga effettuata nelle scuole, che, almeno nelle intenzioni, dovrebbero fornire l'esempio di cultura.
Spero che i giovani elettori cui è destinato il messaggio sappiano trarre insegnamento e provvedano conseguentemente.

felicità

"Crea tutta la felicità che sei in grado di creare: elimina tutta l'infelicità che sei in grado di eliminare: ogni giorno ti darà l'occasione, ti inviterà ad aggiungere qualcosa ai piaceri altrui, o a diminuire qualcosa delle loro sofferenze. E per ogni granello di gioia che seminerai nel petto di un altro, tu troverai un raccolto nel tuo petto, mentre ogni dispiacere che tu toglierai dai pensieri e sentimenti di un'altra creatura sarà sostituito da meravigliosa pace e gioia nel santuario della tua anima".
Jeremy Bentham

giovedì 11 ottobre 2007

La notte dell'Innominato






Ci siamo lasciati, la volta precedente, con il medico di famiglia che ascolta le lamentele di un suo vecchio paziente il quale, improvvisamente, ha iniziato a soffrire, da qualche tempo di una spiacevole, ingravescente e preoccupante insonnia, come lui stesso l’ha definita.
Il suo medico ascolta, annota e al termine esordisce con una domanda precisa: “ma lei, al mattino come si sente? Riposato, nonostante tutto, o stanco? Perché –aggiunge -se al mattino, pur avendo dormito poco, lei si sentisse bene, allora nonostante tutto, non si potrebbe parlare di insonnia, in quanto quest’ultima si definisce come la sensazione soggettiva di non aver ben dormito, o di aver dormito male e in maniera insufficiente. Il suo caso mi sembra purtroppo faccia parte di questa ultima eventualità”.
A questo punto e come è naturale, il medico si preoccuperà di accertare e necessariamente escludere la presenza di ogni altra patologia organica che possa giustificare l’insonnia, ad esempio un ipertiroidismo, una cardiopatia, un problema respiratorio ecc.
Escluse queste ipotesi organiche, il medico commetterebbe un grave errore ed una colpevole leggerezza, se concludesse l’indagine con la prescrizione di un farmaco ipnotico, generalmente una benzodiazepina, come purtroppo ahimé spesso ancora succede.
L’insonnia infatti è un sintomo e non una patologia a se stante, e come tale deve essere accuratamente indagata ed inquadrata clinicamente.
Prima di tutto ci si dovrà chiedere come e da quanto tempo è insorta, nonché come essa si manifesti e venga descritta dal paziente.
Classicamente noi distinguiamo una insonnia iniziale, caratterizzata da una difficoltà nell’addormentamento per cui il paziente, che spesso si addormenta sul divano davanti alla televisione, appena si corica a letto, non riesce a prendere sonno, in preda a pensieri assillanti e spesso all’ansia di non riuscire ad addormentarsi, peggiorando ovviamente la situazione.
Ben diverso è invece il caso prospettato dal nostro paziente al suo medico, in quanto il sonno giunge subitaneo e gradito, nonché desiderato, ma viene interrotto puntualmente ad ore fisse, da risvegli improvvisi quanto angosciosi, seguiti da difficoltà ad addormentarsi di nuovo.
In questo caso parliamo di insonnia lacunare.
Spesso associata a questa, ma ancora più spesso isolata è l’insonnia terminale, per la quale il paziente, che si è facilmente e precocemente addormentato, altrettanto precocemente si risveglia, quasi sempre anche in questo caso ad ora fissa e molto in anticipo rispetto al risveglio programmato. Il risveglio purtroppo non è un dolce risveglio, ma al contrario per lo più di soprassalto, frequentemente dopo un brutto sogno e con un intenso stato di ansia o angoscia, in perfetta e totale lucidità.
Il paziente che cerca, invano, di riaddormentarsi è subito, o poco dopo il risveglio, assalito da pensieri angosciosi che, come una nuvola nera che rapidamente si addensa, si incentrano tutti sulle difficoltà della giornata che ancora una volta dovrà affrontare e sopportare. Va da sé che lo stato d’animo del nostro malcapitato amico non sarà certo dei migliori e questo inizio non sarà un viatico gradito per una giornata che non sarà certo felice o solo semplicemente serena.
Perché è importante per il medico questa apparentemente scolastica distinzione?
I tre tipi di insonnia summenzionati hanno una eziologia distinta e sono sintomatici di quadri clinici differenti, o meglio la prima, l’insonnia iniziale è sostanzialmente diversa dalla seconda e terza, spesso associate e accomunate da una medesima origine.
Mentre la prima infatti, l’insonnia iniziale è caratteristica delle persone ansiose ed è comunque legata a stati d’ansia che possono essere anche occasionali e transitori, quali ad esempio la prossimità di un esame, di un incontro importante e coinvolgente, ma anche di accadimenti felici, quali la prossima partenza per le vacanze agognate, o per un bambino la attesa di Babbo Natale o della Befana, con i loro immancabili doni, l’insonnia lacunare invece e l’insonnia terminale, spesso associate assieme in uno spiacevole quanto angosciante connubio, sono patognomoniche e caratteristiche della depressione, sia essa una depressione reattiva, o una più grave ed impegnativa depressione endogena.
Un esempio letterario insuperabile nella descrizione del quadro clinico e del vissuto esistenziale dell’insonne è rappresentato dalla famosa “Notte dell’Innominato” dei Promessi Sposi.
Si evince quindi facilmente quanto sia importante ed imprescindibile una attenta valutazione del sintomo insonnia, assolutamente da non sottovalutare perché è spesso l’unico, precoce ed isolato campanello di allarme, di una patologia, la depressione, subdola ed insidiosa, cattiva e temibile, che richiede sempre di più, una diagnosi precoce ed una precoce terapia, allo scopo di liberare il paziente il prima possibile da una sofferenza che può essere insopportabile.
Come deve procedere il medico? Il seguito alla prossima puntata.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com

lunedì 8 ottobre 2007

Eleonora


Da Domenica scorsa la nostra famiglia si è accresciuta di un nuovo membro molto importante: Eleonora, una cagnetta di meno di due mesi che cercava una casa e l'affetto di due genitori.
L'ha trovato con noi e noi abbiamo trovato lei con grande gioia.
Eleonora, il nome che le abbiamo dato è in memoria e in onore di Eleonora Piementel Fonseca eroina e martire della Rivoluzione Partenopea del 1799.

martedì 2 ottobre 2007

Preti gay



Non sono d’accordo. Non sono d'accordo con l'articolo di Renato Farina "Se un prete gay filmasse Ilaria a letto" pubblicato su “Libero” di Domenica 30 Settembre e riferito alla trasmissione tv "Exit", che sarebbe stata messa in onda il martedì successivo,primo ottobre, da LA7. Ho resistito all'impulso di scrivere domenica stessa, per assistere prima alla trasmissione, come ieri sera ho fatto, credo e spero assieme a tanti italiani come me che vogliono e cercano di essere liberamente documentati su quanto avviene attorno a loro, per poi formulare una opinione libera e personale e scrivo solo ora.
Come medico e come psichiatra sono a contatto pressoché quotidiano con persone omosessuali, uso intenzionalmente il termine persone e non pazienti, in quanto l'omosessualità non è una malattia, ma un modo di esprimere la propria sessualità, accanto e allo stesso diritto e dignità della eterosessualità. Si è omosessuali, rispetto agli eterosessuali, come si è mancini rispetto ai destrimani e per fortuna sono finiti i tempi in cui i mancini venivano incolpati di essere stati toccati dal diavolo e ancora recentemente a scuola li si costringeva a scrivere con la destra. Come medico e come psichiatra sono, per motivi professionali, consapevole della omosessualità presente tra membri del clero. Sono solidale con le persone omosessuali, che spesso vivono con sofferenza la loro condizione; sono in particolar modo solidale con i membri del clero, omosessuali, che vivono con ancora evidente maggior disagio e in totale clandestinità, la loro condizione di membri, non laici, di una Chiesa, che sotto le mentite spoglie di una apparente liberalità, è sempre, purtuttavia, fortemente omofoba.
Premesso questo, non sono assolutamente d'accordo con l'articolo di Renato Farina, che suona come una difesa d'ufficio, non dei singoli preti omosessuali che vivono in solitudine la loro condizione cui, ribadisco, va tutta la mia solidarietà, ma della Chiesa in toto, con argomenti pretestuosi, di fronte ad una evidente incoerenza e contraddizione; cito le sue parole: "Perchè non ci mettiamo a filmare i peccati dei giornalisti, a piazzare telecamere nelle toilette delle redazioni, o negli archivi delle televisioni?...Forse i preti sono in buona parte gay, ma non credo siano più della percentuale di gay che c'è tra i panettieri e i commessi."
Non conosco le statistiche sulla percentuale di gay nelle varie professioni e considero per buona la stima di Farina, ma vorrei fargli notare che i giornalisti, i panettieri, i commessi, non pretendono di dare, a noi laici e peccatori, lezioni di morale, di comportamento e di vita e di assolverci, o condannarci per i nostri peccati.

Domenico Mazzullo
d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com