martedì 27 novembre 2007

Pecore nere


In carcere per pedofilia il vice rettore del seminario di Brescia, con l'accusa pesantissima di violenza sessuale su minore e detenzione di materiale pedopornografico, rinvenuto a casa del religioso.
Fedele all'insegnamento illuministico di Cesare Beccaria secondo cui non possa essere considerato colpevole nessuno fino all'ultimo grado di giudizio, mi sembra che il reperimento di materiale pedopornografico nella propria abitazione sia un indizio piuttosto grave e compromettente.
Certo le "pecore nere" ci sono in tutte le famiglie....una pecora nera passi, due anche, tre ancora, ma quando le pecore diventano tante...allora debbono sorgere legittimamente dei dubbi su tutta la famiglia, soprattutto quando i membri di questa si arrogano il diritto ed il compito di indicare e insegnare a noi poveri mortali i principi della morale, quando censurano i nostri atti, quando interferiscono pesantemente nelle decisioni e nelle determinazioni di uno Stato che dovrebbe essere laico per definizione, quando accolgono la confessione dei nostri peccati, quando comminano pene per questi e ci assolvono, se essi non sono troppo gravi, quando negano ad un uomo sofferente i desiderati funerali religiosi, perchè colpevole solo di aver richiesto ed implorato la morte per por fine alle proprie disumane sofferenze, in virtù di un principio ed in dispregio del tanto predicato perdono cristiano.
Se avessi un figlio non lo affiderei volentieri e a cuor leggero ad un istituto e ad una scuola religiosa, timoroso per la sua salute fisica e psichica.
Domenico Mazzullo

venerdì 23 novembre 2007

Melancholia



Nella puntata precedente ci siamo lasciati con un interrogativo: ”Come avrà risposto a tutte queste domande, prima generiche e poi sempre più precise, da parte del medico, il nostro paziente?”, interrogativo al quale è giunto il tempo di dare una risposta.
Con buona probabilità visto che il sintomo della insonnia lacunare e terminale è patognomonico della depressione, il sospetto del medico è fondato e il suo paziente avrà risposto affermativamente a tutte, o circa tutte, le domande rivoltegli dal medico, tese a confermare, o smentire il suo sospetto diagnostico.
Tengo a precisare che gli interrogativi del medico riguardano e toccano argomenti ed aspetti della vita del paziente, ai quali egli stesso forse non ha fatto neppure caso e forse non avrebbe neppure denunciato, richiamato e preoccupato dal sintomo più eclatante e disturbante per il suo equilibrio personale, ossia l’insonnia.
Se torniamo, infatti, per un attimo alla puntata precedente e scorriamo rapidamente i quesiti proposti dal medico, vediamo subito come loro siano rivolti ad investigare aspetti personali della vita del paziente che, se non attivamente e intenzionalmente esaminati, rimarrebbero inosservati, perché ritenuti da questo stesso non particolarmente importanti ed attribuendo egli eventuali modificazioni, variazioni, o disturbi, a fattori normali quali la stanchezza, la monotonia della vita, l’età che avanza, problematiche familiari, la consuetudine di un rapporto coniugale divenuto abituale e stantio, difficoltà sul lavoro e tante altre “cause” apparentemente normali, che il nostro desiderio di razionalizzazione ci porta a considerare responsabili e causali alla genesi del nostro malessere esistenziale, escludendo, o non ipotizzando neppure, la possibilità che essi siano invece da attribuirsi ad una vera e propria patologia, quale appunto la depressione.
E’ molto frequente, infatti, il caso di persone, non ancora pazienti, che vivono con fatica e disagio la propria vita per anni, che trascinano una esistenza dolorosa, piena solo di doveri, ma priva di qualunque piacere, che vivono costantemente e dolorosamente in salita, provando la angosciante sensazione che ogni giorno sia eguale, spiacevolmente eguale all’altro, senza alcuna speranza di novità, se non negativa, con l’unico desiderio che questa pedissequa successione di giorni abbia presto fine, che non immaginano il proprio futuro, che non riescono a proiettarsi nel domani, che non provano più emozioni, che sono perennemente stanchi, sia fisicamente sia psichicamente, che anelano solo a dormire e che tuttavia, dolorosamente, coraggiosamente continuano a vivere, o meglio a trascinare la propria esistenza, senza cedere, arrancando giorno per giorno, lavorando, provvedendo alla propria famiglia, ai suoi bisogni, compiendo silenziosamente il proprio dovere, senza alcuna soddisfazione da esso derivante e che credono che la norma sia questa, ignorando e non sospettando neppure, che invece sono affetti da una malattia seria, subdola, insidiosa, misconosciuta e spesso ignorata, cattiva nella sua invadenza sottile e destabilizzante, la depressione, appunto.
E’ frequente il caso di studenti prima brillanti, o discreti, che ad un certo punto vedono inspiegabilmente calare il proprio rendimento, che si rinchiudono in se stessi, che rinunciano alla compagnia degli amici, che hanno frequenti sbalzi di umore, passando incomprensibilmente da una smodata allegria ad una tristezza profonda, che rinunciano ai divertimenti prima abituali, che assumono atteggiamenti protestatari e di contestazione, a volte violenti, che si alimentano smodatamente aumentando rapidamente di peso, che assumono smodatamente e occasionalmente alcool, soprattutto in compagnia degli altri, che consumano abitualmente droghe cosiddette “leggere”, ma che interrogati riferiscono che tutto va bene e che si sentono normali.
Dietro questi stili di vita adulti sofferti e dolorosamente portati avanti, dietro questi segni tangibili di disagio giovanile, c’è spesso, non sempre naturalmente, una patologia depressiva che, se non riconosciuta e diagnosticata, può rimanere a lungo ignorata e non curata, insinuandosi lentamente nella vita della persona e modificandola dall’interno, fino a che questa non raggiunga, spesso dopo lunghi anni, una gravità tale da essere a quel punto evidente nel suo aspetto patologico.
Da non dimenticare e sottovalutare altresì i risvolti negativi che tali situazioni di vita esistenziali riversano sui familiari i quali vivono assieme e vicino a chi si trova a percorrere, spesso per anni, questo doloroso cammino di vita. Il più delle volte il coniuge di chi è ammalato assiste impotente e inconsapevole alla involuzione dell’altro, al suo cambiamento, al mutare dei suoi rapporti affettivi, con lui, in ispecial modo, e con gli altri, alla apparente anaffettività e disinteresse di un compagno di vita, che per anni è stato un affettuoso interlocutore, alla attribuzione a lui stesso, di responsabilità e di colpe inesistenti, o inconsistenti. A volte famiglie si sfasciano, rapporti di amicizia si interrompono, opportunità di lavoro si perdono e si vanificano, improvvisamente, incomprensibilmente, se non si ipotizza, se non si capisce, che la responsabilità di tutto questo può essere da ascrivere ad una patologica depressione, subdolamente e silenziosamente instauratasi.
Compito del medico è intuire, ipotizzare, capire, comprendere, spiegare, illustrare e curare.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com

mercoledì 21 novembre 2007

Vergogna




I Savoia battono cassa. "Lo Stato ci risarcisca per i beni confiscati".
Carlo Alberto abdicando pronunciò, al cospetto del Maresciallo Radetzky, la frase storica riportata su tutti i libri di scuola:"Casa Savoia conosce la via dell'esilio, ma non quella del disonore".
Mai smentita è stata più vera, più cruda e più crudele.
Cara Savoia ha conosciuto entrambe le vie, ma mentre la prima è stato un fatto assolutamente personale, la seconda è stata gravida di tragiche conseguenze per gli italiani tutti.
Basti pensare ai drammatici eventi che colpirono l'Italia e gli italiani all' indomani dell'8 settembre, con la vergognosa, vile, squallida fuga di S.M. il Rè d'Italia Vittorio Emanuele III e dei suoi degni compari, con in testa la meschina figura del Maresciallo Badoglio, fuga che lasciò gli italiani privi di un comandante e di ordini, alla mercè di nemici, fino al giorno prima amici ed ufficialmente ancora amici, secondo il proclama dello stesso Badoglio,emesso mentre questi comandanti eroicamente preparavano la fuga vergognosa, rendendosi responsabili di tutto ciò che ne è conseguito, compresa la guerra civile tra italiani.
I Savoia, giustamente costretti all'esilio, così ripagano gli Italiani che generosamente e non si capisce in virtù di quali meriti, li hanno riammessi in Italia e visto che "buon sangue non mente", Vittorio Emanuele, nipote dell'omonimo Rè, si è reso prima responsabile dell'omicidio di un giovane tedesco,e poi da poco rientrato in Italia ha conosciuto le patrie prigioni, seppure per pochi giorni, indagato per un giro di sfruttamento della prostituzione e innocente, o colpevole che sia, si è espresso con una terminologia ben poco regale nei confronti dei compatrioti, ma questi sono particolari marginali.
Mi chiedo cosa accadrebbe, se gli italiani ed in primis i familiari dei martiri di Cefalonia, chiedessero ai Savoia, il risarcimento per i caduti a causa delle loro responsabilità.
Domenico Mazzullo

martedì 20 novembre 2007

Quale coerenza?

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Dalla stampa di ieri, martedì 20 novembre 2007:

Confessa in TV: "Sono gay". E il prete lo caccia dal coro.

USA, missionari pedofili anche tra gli eschimesi.
I gesuiti pagano i danni.
Mi astengo, per misericordia, da ogni commento.

Domenico Mazzullo

lunedì 19 novembre 2007

Valori


E' voce comune ed anche mia opinione, che il tempo attuale e la nostra società sia vittima, consapevole e responsabile, di una disperante assenza di valori, dei valori che avevano costituito il pilastro ed il caposaldo del vivere civile. E' un fenomeno, quello attuale, che ha già avuto precedenti storici illustri nella vita dell'umanità e che ha puntualmente rappresentato il preludio di una guerra.
In questo desolante panorama si salvano però piccole isole felici nelle quali i valori tradizionali sopravvivono nonostante gli attentati che mirano a distruggerli e a farci credere che ormai non ci sia più speranza.
E invece una speranza ancora c'è fino a che, in qualche parte, questi valori ancora sopravvivono, seppur nascosti, ma mai dimenticati.
E' quanto ho avuto modo di poter conoscere, sperimentare e ammirare io, nell'ultimo fine settimana, quando sono stato invitato dagli Alpini di Ramon di Loria a partecipare al loro raduno.
E' stata per me una esperienza unica, emozionante, commovente ed entusiasmante, come raramente capitano nella vita di qualcuno ed io ho avuto la sorte e la fortuna di conoscerla.
Senza timore di apparire retorico posso dire e affermare che fino a che esistono persone, uomini di questa specie, che nella loro modestia e semplicità sono capaci di incarnare e difendere valori così profondi, così sentiti, così universali, quali la solidarietà, l'amicizia, il rispetto, la fedeltà ai propri ideali e alla parola data, il senso del dovere, lo spirito di sacrificio, in silenzio e con umiltà,fino a che esistono uomini così, l'Umanità è salva.
Con gli Alpini ho avuto anche l'occasione e l'onore di visitare le trincee del Monte Grappa, i "Luoghi della memoria", i luoghi eroici ove si combattè la I Guerra Mondiale, i luoghi ove tanti giovani persero la vita per difendere la Patria.
Ai giovani di oggi che ingaggiano odierne battaglie urbane, sotto le bandiere della propria squadra di calcio, consiglierei una visita in questi luoghi, per capire di più e meglio sulla vita.
Domenico Mazzullo

martedì 6 novembre 2007

Forse perchè della fatal quiete...


Immaginiamo che il nostro medico, dopo un preciso ed approfondito esame di coscienza, abbia stabilito di sentirsi in grado di procedere autonomamente e quindi senza ricorrere all’ausilio di uno specialista, nella diagnosi e cura del suo paziente che, come rammentiamo, a lui si è rivolto denunciando una spiacevole, quanto insostenibile insonnia, che ora possiamo, a tutto diritto chiamare insonnia lacunare e terminale. Esperite le indagini di rito e necessarie ed avendo escluso l’esistenza di patologie organiche, che di questa potrebbero essere responsabili, il medico si è orientato a sospettare una sindrome depressiva, ma il suo sospetto deve trasformarsi in una certezza diagnostica, per procedere poi verso una terapia.
Il paziente stesso si è rivolto, come abbiamo visto, al medico, con un certo personale imbarazzo in quanto, pur soffrendo ed accusando questa insonnia, ormai da qualche tempo, non lamenta altri sintomi particolari e purtuttavia non si sente bene come prima, accusando un senso di malessere generale che però lui stesso non è in grado di definire più precisamente ed attribuisce, per quel desiderio implicito in ognuno di noi, di razionalizzare ciò che ci accade, alla carenza di sonno, il suo diffuso malessere.
A questo punto il medico, teso come deve essere a formulare una diagnosi e non piuttosto a confermare i propri sospetti, o le proprie intuizioni, deve procedere con molta cautela, per non influenzare, con domande troppo specifiche ed evidenti, le risposte del paziente. Non dovrà mai per esempio chiedere, sic et simpliciter, se questi si sente depresso, se ha notato in sé una caduta del tono dell’umore, se si scopre a piangere spesso e per situazioni che prima non hanno mai comportato tale reazione, ma dovrà invece lasciare libero il paziente di parlare, di sfogarsi, dicendo tutto ciò che a lui sembra importante, ma che potrebbe invece non esserlo per il medico.
Solamente quando questi avrà esaurito i suoi argomenti e le sue lamentele, allora il medico potrà porre delle domande che dovranno necessariamente all’inizio essere generiche e non direttive, rivolgendosi alle abitudini ed alla vita del suo paziente, per valutare se ora esse sono cambiate e si sono discostate dalle originali e se sì, da quanto tempo.
Si preoccuperà quindi dell’appetito e delle altre funzioni fisiologiche, della sua vita familiare, del rapporto con gli altri membri della famiglia, della frequenza dei rapporti con il proprio partner e del piacere da questi tratto, del desiderio sessuale, del lavoro e del rendimento in questo e della soddisfazione tratta, dei rapporti con i colleghi, delle amicizie e della frequentazione con queste, del piacere tratto e delle modalità con cui trascorre il tempo libero e se qualcosa è cambiato in queste, se ha degli hobby e passioni e se li pratica con lo stesso interesse di prima, se trae godimento o piacere dalla presenza degli altri, o se questa lo infastidisce, o disturba, differentemente da prima, se è divenuto irritabile e insofferente, se è portato a preoccuparsi maggiormente, per cose che prima non lo preoccupavano, o non così intensamente, se si sente apatico, svogliato, se anche piccole incombenze, o piccoli doveri, gli appaiono oggi giganteschi e simili a montagne da scalare, se si annoia facilmente e gli sembra che il tempo non passi mai, o scorra più lentamente di prima, se anche piccole scelte, o decisioni lo gettano nella angoscia e nell’incertezza, lasciandolo nel baratro paralizzante della indecisione, se improvvisamente, da che era piuttosto trascurato, si occupa e si preoccupa intensamente della propria salute, se ha un po’ meno cura di se stesso, se si cambia meno di sovente di abito e pone meno attenzione ai particolari, se rifugge dalle occasioni di vedere altre persone, a meno che non sia assolutamente indispensabile e comunque lo fa sempre con un certo sforzo e riluttanza, se quando è costretto, a malincuore a essere con gli altri, si isola e si disperde nei propri pensieri, se al mattino gli pesa il pensiero di avere tutta la giornata davanti a sé con tutte le sue incombenze e se aneli e desideri la venuta della sera, quando finalmente la giornata con le sue necessità è terminata, se abbia sempre l’impressione che gli altri si aspettino qualcosa da lui e si senta come un assediato che debba perennemente difendersi dagli attacchi e dalle richieste degli altri, se abbia sempre la sensazione di dover fuggire, se pur soffrendo la solitudine aspiri a stare solo, ad isolarsi, a cambiare strada, quando in lontananza vede qualcuno che conosce, per non dover essere costretto ad intrattenersi con lui, se a volte prova la sensazione strana e difficilmente comprensibile e descrivibile che tutta la realtà che lo circonda e prima a lui familiare, gli sia divenuta inspiegabilmente estranea e non più familiare come prima, se prova un malessere diffuso e non definibile, se prova un malumore e una malinconia non comprensibile e non derivabile dalle sue vicende di vita, se prova una stanchezza ed una astenia fisica, non giustificabile dal suo impegno nella giornata, se gli è divenuto difficile concentrarsi e prestare attenzione a lungo, se si distrae facilmente, se non ha più voglia di leggere, di andare al cinema, di guardare la televisione, se rinuncia volentieri a radersi quotidianamente, cosa che invece prima gli era particolarmente gradita, se dimentica facilmente ed è diventato particolarmente distratto, se non ride mai e quando lo fa, ciò avviene per pura convenienza, se rifiuta gli inviti di amici, inventando scuse più o meno credibili, se non riesce più a proiettarsi e ad immaginare il futuro, se non in negativo e se ha l’impressione di vivere in un continuo, gravoso presente, se rimugina spesso sul passato e sui propri errori, sulle occasioni mancate e quindi sfumate, se si sente perennemente in colpa per qualcosa e verso qualcuno, se è afflitto da una perenne inquietudine e ansia continua, se aborrisce i rumori la luce eccessiva e predilige, in casa una confortevole e malinconica penombra.
Come avrà risposto a tutte queste domande, prima generiche e poi sempre più precise da parte del medico, il nostro paziente?
Lo sapremo alla prossima puntata.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com

lunedì 5 novembre 2007

Perchè tutto è sempre depressione?


Ieri su tutti i giornali e questa mattina in una conversazione quotidiana che un odierno "opinionista", per usare un termine che aborrisco,tiene di primissimo mattino alla radio, si parlava ampiamente del "dramma della follia" vissutosi a Guidonia e che ha visto come protagonista un ex capitano dell'Esercito, Angelo Spagnoli, che salito sul tetto della propria casa, avendo indossato una tuta mimetica e armato di pistola e fucile di precisione, ha iniziato a sparare sui malcapitati passanti, uccidendo due persone e ferendone sette.
Per tutti, giornali al completo ed opinionista, la ragione, la causa, la ratio della tragedia era da cercarsi nella "depressione" che da tempo affliggeva l'ex capitano.
Ancora una volta questo è un ennesimo esempio della superficialità e della ignoranza con la quale si diffondono notizie e si esprimono pareri, con una faciloneria mista a prosopopea che non fa certo onore a chi si considera un professionista della informazione.
Vero è che quando si discetta di psiche, di psicologia, di inconscio, di subconscio ( è più chic) di ragioni che stanno dietro i nostri comportamenti, tutti si sentono in grado ed in diritto di esprimere il loro illuminato parere di sedicenti psicologi alla stregua di chi risponde alla "posta del cuore" dei giornali.
Questo indigna ed è tanto più pericoloso quando dai consigli e dalle interpretazioni psicologiche o pseudopsicologiche di buon senso si passa a discettare con pericolosa e censurabile faciloneria di malattie e questo è il caso in questione.
Con troppa, deprecabile superficialità si attribuiscono alla depressione comportamenti che con la depressione non hanno nulla a che vedere, commettendo un errore di informazione, ma soprattutto e ciò è molto più grave, offendendo chi veramente soffre di depressione e gettando nel panico e suscitando sconcerto nei suoi familiari.
Chi soffre di depressione, a volte e non sempre per fortuna, mette in atto dei comportamenti violenti, ma autolesivi e mai lesivi degli altri, con l'unica eccezione delle madri affette da depressione post-partum che si suicidano assieme ai propri figli. Qualcosa di ben diverso dalla tragedia di Guidonia in cui un uomo è salito sul tetto della propria casa in tuta mimetica e ha cominciato a sparare sui passanti. Mai nessun paziente depresso avrebbe fatto ciò. Casomai si sarebbe gettato dal tetto.
Da quanto leggo dai giornali, con tutta la difficoltà di esprimere un parere senza conoscenza diretta dei fatti e delle persone, sarei più portato a pensare si trattasse non certo di depressione, ma piuttosto di schizofrenia paranoide, se è vero che l'ex capitano obbligava i suoi familiari a pranzare in assoluto silenzio per paura di essere ascoltati dal nemico che avrebbe infestato di microspie la casa.
Ci sarebbe stata la possibilità di evitare o prevenire la tragedia?
Certamente, se si fosse dato il dovuto peso a delle "stranezze", chiamiamole così, del paziente, quale quella citata in precedenza, o altre quali riempire la casa di sacchetti di sabbia trasformandola in una trincea, o montare sul terrazzo delle lastre di acciaio, munite di feritoie dalle quali sparare su ipotetici nemici, o munirsi di un vero e proprio arsenale bellico, compresi due lanciafiamme di produzione artigianale.
In trenta anni di professione come psichiatra, non ho mai visto un paziente depresso agire così.
Mentre la persona in questione si comportava così, minava la propria casa e tutte le sere compiva un giro di perlustrazione attorno al fabbricato per valutarne la difendibilità, trasformando la casa in un fortino, i suoi familiari cosa facevano? Non vedevano, non capivano? Si piegavano acquiescenti alla sua volontà di pranzare e cenare assieme in assoluto silenzio, per non essere ascoltati dal nemico? Perchè non hanno denunciato questi comportamenti a dir poco strani.
E a proposito di denuncie, visto che le armi che hanno ucciso erano regolarmente denunciate e quindi detenute, è mai possibile che il medico che ha stilato il certificato necessario ad ottenere il porto d'armi non si sia accorto di nulla?
Ma noi continuiamo tranquillamente a parlare di depressione e ad ipotizzare sulle ragioni "psicologiche" che hanno portato al folle gesto.

venerdì 2 novembre 2007

Giovanna Reggiani

Ierisera è morta, senza aver mai ripreso conoscenza Giovanna Reggiani, la donna aggredita a Roma e uccisa da un rumeno.
Credo che la notizia non abbia bisogno di ulteriori commenti.
Tutte le morti sono dolorose e creano sconcerto in chi rimane, ma questa, se possibile, ancora di più.
Voglio solo, da questa pagina, esprimere ai familiari della Signora Giovanna tutta la mia solidarietà e la mia vicinanza.

giovedì 1 novembre 2007

Ancora voglia di sorridere?


Giovedì 1 Novembre 2007 dalla stampa: "In mezza Calabria non c'era un posto in ospedale, una sala operatoria in grado di ricoverare ed operare un ragazzo di 12 anni entrato in coma dopo una banale caduta da una giostra. Non c'era posto nè a Reggio Calabria, nè a Cosenza, nè a Catanzaro e non c'era neanche un'ambulanza disponibile per poterlo trasferire da Polistena in un altro ospedale. Ci sono volute quattro ore prima che si trovasse l'ambulanza ed un posto nell'ospedale di Reggio Calabria dove Flavio Scutella, 12 anni, è stato poi sottoposto ad un inutile intervento chirurgico forse perchè compiuto con tantissimo ritardo. Il ragazzo è morto".
Il Presidente Prodi e il ministro Livia Turco hanno ancora voglia di sorridere?
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it www.studiomazzullo.com

Ricongiungimento familiare


Da Domenica 28 Ottobre la nostra famiglia formata da Tiziana,la giovane cagnetta Eleonora e me si è accresciuta di un nuovo membro, il fratellino di Eleonora, Camillo.
La signora che lo aveva adottato, non poteva più tenerlo e così noi abbiamo compiuto, con tanta gioia, questo "ricongiungimento familiare tra fratello e sorella.
Benvenuto a Camillo nella sua nuova famiglia

Segreto professionale


Ha suscitato grande impressione, almeno in me medico e psichiatra la notizia che un mio collega psichiatra, abbia deciso di violare il proprio segreto professionale denunciando un suo paziente che nel corso della visita gli aveva rivelato di aver violentato delle bambine, mi sembra sue nipoti.Si tratta di una circostanza specifica, che suscita gravi problemi etici, drammatici per noi medici.
Premetto che come psichiatra sono assolutamente solidale con il collega, che con grande coraggio si è assunto la responsabilità di denunciare il suo paziente pedofilo e al suo posto io avrei fatto esattamente lo stesso, ma altrettanto ritengo che questa sia una delle situazioni più critiche, nelle quali noi medici possiamo trovarci.
Il rispetto del segreto professionale è per noi medici cosa sacra e, molto prima di essere sancito dalla Legge, è obbligato dal Giuramento di Ippocrate, che noi pronunciamo al momento di iniziare la professione. "Tutto ciò che vedrò e ascolterò nell'esercizio della mia professione, o anche al di fuori della professione, nei miei contatti con gli uomini, e che non deve essere riferitoad altri, lo tacerò considerando la cosa segreta"
Il rispetto assoluto del segreto professionale è uno dei pilastri fondamentali della nostra professione ed è garanzia per il paziente di potersi confidare liberamente con noi, sicuro che quanto detto rimarrà un segreto tra lui ed il medico. La Legge però ci dice che il medico può venir meno al rispetto del segreto per una "giusta causa", lasciando però alla coscienza morale del medico, in ultimo, la valutazione di quale sia una "giusta causa".
In questo caso specifico, ritengo che la "giusta causa" sia rappresentata dal dovere di tutelare la salute di terze persone, bambini, nel caso specifico, ma credo che "giusta causa" sarebbe anche il caso di un paziente affetto da AIDS che si rifiutasse, nonostante l'imperativo pressante da parte del medico, di rivelare al proprio partner la propria condizione di malattia e continuando ad avere rapporti sessuali con lui.
Anche in questo caso, o simili, la "giusta causa" sarebbe, a mio parere da ravvisarsi nel dovere di difendere la salute del partner.
Si tratta però di casi sempre drammatici e che mettono a dura prova la coscienza morale del medico.
Grazie.
Domenico Mazzullo