giovedì 31 gennaio 2008

Serenità

Pensare quotidianamente alla morte
è il miglior modo
per vivere serenamente la vita.
Domenico Mazzullo 31 gennaio 2008

Umanità


Gli esseri umani sono come parte di un corpo,
creati della stessa essenza.
Quando una parte è ferita e duole,
le altre non possono restare in pace e in silenzio.
Se la miseria degli altri ti lascia indifferente
e senza sentimenti di pietà,
non puoi essere chiamato essere umano.
Sa'Adi XIII secolo, Persiano

martedì 29 gennaio 2008

Meminisse juvabit


"Forsan et haec olim meminisse juvabit"
"E forse un giorno gioverà ricordare tutto questo"
Eleonora Pimentel de Fonseca salendo sul patibolo
(Eroina e martire della Repubblica Partenopea 1799)

Riposo


Se muore e riposa, colui non è morto:
il morto vero è chi muore da vivo
al-Hasan al-Basri

lunedì 28 gennaio 2008

Turarsi il naso


Ricevo dall'Amico Francesco Paolo Cimmino, il quale, non ancora annoiato dai miei pensieri, continua ad onorarmi del Suo interessamento, una lettera che pubblico integralmente, con a seguito, un mio piccolo commento:

Gentile dott. Mazzullo,
leggo solo ora le ultime considerazioni pubblicate sul suo blog.Ci chiede:li voteremmo ancora?Con la desolante immagine della bottiglia aperta senza rispetto in quello che è o almeno,dovrebbe essere,un sacro luogo istituzionale
e la fetta di mortadella mangiata con mano bisunta;le rispondo così,istintivamente:NO!
Penso poi alle sorti di questo nostro paese,forse mai così in basso dal dopoguerra,e dico:qualcuno ci dovrà pur governare.Ma chi?
Parafrasando Montanelli alle prossime elezioni mi turerò il naso e voterò,se non i migliori,che purtroppo sembrano non esserci,i "meno peggio". Chi sono?Triste dirlo,ma non so scegliere.
Sono tristemente giunto a rimpiangere la classe politica della famigerata prima repubblica; si figuri come dal mio punto di vista giudico chi ha o ha avuto in mano le sorti della nazione negli ultimi anni!
Temo che se continua così fra poco la reliquia di S. Gennaro saremo costretti a caricarla su un treno speciale e portarla in giro in tutta Italia come unica possibiltà di risolvere i problemi!
un suo affezionato e sconsolato lettore
Francesco Paolo Cimmino

Caro Amico sconsolato, La comprendo e La capisco, ma purtroppo non posso condividere il Suo pensiero, anche se non Le nascondo, che a volte sarei tentato di farlo.
Mi spiego meglio: con tutto il rispetto che provo per Lei e per Indro Montanelli, un così grande giornalista, non credo assolutamente che sia giusto, come Egli ha fatto "turarsi il naso e votare...."
Significa arrendersi e nemmeno con l'onore delle armi, significa una resa incondizionata, disonorevole e gravida di pericolosissime conseguenze, significa accettare come ineluttabile una condizione che ineluttabile non è, a meno che non siamo proprio noi a considerarla così, significa considerarci ancora una volta sudditi di un potere sopra di noi e non cittadini che affidano il potere a dei propri rappresentanti, che hanno appunto il compito e il dovere di rappresentarli, e se non lo fanno, vanno a casa.
Non si sceglie "il meno peggio", ma se non c'è "un migliore", semplicemente non si sceglie, fino a che non si trova una persona degna di rappresentarci.
Mi perdoni la franchezza ma la scelta del "meno peggio" non è una scelta, ma una rinuncia, una resa,un chinare il capo e abdicare alle nostre responsabilità, che comporta anche una conseguenziale rinuncia al diritto di lamentarci e protestare per eventuali inadempienze, perchè "il meno peggio" lo abbiamo, in fondo, scelto noi.
Le ricordo che il Popolo francese nel 1789 fece una rivoluzione, i cui ideali, esportati in tutta Europa dalle Armate di Napoleone Bonaparte, sono ancora, tuttora validi; Gli eroi del nostro Risorgimento, Quelli che fecero la Repubblica Partenopea e la Repubblica Romana, Quelli che combatterono con Garibaldi, patirono il carcere e persero la vita per una Italia Unita, un poco diversa da quella che noi abbiamo. E noi vogliamo "turarci il naso e scegliere il meno peggio"?
Preferisco morire soffocato, piuttosto che "turarmi il naso".
Sempre con affetto.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

Sindaco


Ricevo dal mio Amico, Sindaco di un Comune della Campania vicino a Benevento, una seconda lucidissima e sconsolata lettera che pubblico integralmente, senza alcun commento, perchè qualsiasi commento risulterebbe superfluo, inopportuno e andrebbe ad inquinare la straordinaria, acuta lucidità della lettera.
Grazie, Amico mio.
Domenico Mazzullo

Caro Domenico

Mi convinco sempre di più che la drammatica situazione dei rifiuti nella regione Campania, non è altro che la spia di una situazione degenerativa verso cui sta andando l’Italia.
Dalla fine della cosiddetta prima Repubblica, l’Italia annaspa, sembra che regni solo la confusione e una difficile ricerca di identità nazionale e di valori. Credo che manchi un’idea guida capace di farci sentire Paese. Quella entità capace di accomunarci come un popolo che condivide gli stessi valori.
Il tornaconto personale sembra che guidi singoli e partiti, dal nord al sud, dai padroni agli operai, dai ricchi ai poveri. Forse si sta riaffermando la politica del qualunquismo. Come non cogliere in certi partiti a organizzazione familiare o formati da piccoli raggruppamenti di amici, la riedizione del Partito sorto nel dopoguerra dell’ ”uomo qualunque”.
In questa confusione i nostri governanti annaspano e danno vergognosi spettacoli in Parlamento. Che insegnamento possono dare agli ultrà che vanno allo stadio?
La logica che predomina appare quella dei politici che difendono i propri orticelli.
Ed è questa la logica, debbo dire purtroppo, che ha fatto piazza pulita dei numerosi commissari per l’emergenza rifiuti in Campania, nominati dal governo.
Nessun politico fino a qualche giorno fa ha avuto la responsabilità di dire al proprio territorio di appartenenza, di smetterla con le barricate perché il problema dei rifiuti è un problema di civiltà e che bisogna sostenere chi è delegato a risolverlo.
E’ più facile cavalcare la protesta, in termini di voti premia.
L’interesse elettorale viene sempre posto davanti all’interesse nazionale che senatori, deputati e ministri dovrebbero perseguire.
In questa baraonda, anche le istituzioni sono disorientate.
Questo è un vero pericolo.
Chi ha ragione la politica o la magistratura?
Non credo sia una questione di ragione, è che tutti sono tentati ad allargare il proprio ruolo, forse perché quando si lasciano spazi liberi, è facile che altri poteri sconfinino. Il problema potrebbe essere che siamo in presenza di una destabilizzazione strisciante e subdola che lavora come un parassita.
La nomina del super commissario Gianni De Gennaro per risolvere il problema dei rifiuti in Campania è forse un reazione difensiva dello stato che seppur mortificante per le istituzioni cerca di creare gli anticorpi. Ciò è umiliante per chi è alla guida delle istituzioni, è umiliante per i sindaci della Campania. Che fare?
Sabato 26 gennaio 2008, vi è stata in Valle Caudina una imponente manifestazione, partita da Montesarchio e guidata dai quattordici sindaci della Valle, contro la riapertura della discarica a Montesarchio . La manifestazione è stata seguita dall’incontro a Benevento dei sindaci con il Dottor Gianni De Gennaro.
Mi sono sentito umiliato perché il legislatore con i vari interventi degli ultimi anni ha promosso il ruolo fondamentale della figura del Sindaco, nella politica amministrativa dello Stato sul territorio, ho avvertito invece il fallimento di questi intendimenti in due momenti particolari:
1) ai sindaci con la fascia tricolore è impedito di entrare nel palazzo della Provincia, le forze dell’ordine gli sbarrano il passo. Trattati come sobillatori o peggio delinquenti, eppure in quel momento rappresentavano le istituzioni. Mi sono posto la domanda: quali sono i limiti oltre i quali una democrazia si incammina verso altro?
2) Il Dottor Gianni De Gennaro, che ci ha ricevuto dopo tre ore di attesa al freddo ci ha comunicato che lui è solo un servitore dello Stato e che deve portare a termine il compito affidatogli, pur essendo vicino alle popolazioni non può modificare niente del suo piano operativo. Nell’ammirare la fermezza di quest’uomo, che fa sperare nella risoluzione del problema rifiuti in Campania, forse perché non media con i politici, sono rimasto colpito dalle sue parole quando ha detto che è doloroso vedere i bambini della Campania andare a scuola, attraversando montagne di rifiuti, con le mascherine sulla bocca.
Ho capito che il Dottor De Gennaro aveva ragione.
I politici e gli amministratori della Campania non possono continuare a opporsi alle decisioni che vengono prese, siano anche legittime per le ragioni del singolo territorio interessato. Solo comprendendo che le cose vanno guardate dal punto di vista dell’intereresse generale e non di quello particolare, possiamo contribuire non solo a risolvere il problema dei rifiuti ma anche a dare un senso a quella speranza che il nostro Paese trovi un’idea guida che ci accomuni.
I bambini che non possono andare a scuola o che lo devono fare attraversando montagne di immondizia con la mascherina sulla bocca, rappresentano una società che nella sua ostentata modernizzazione è nei fatti primitiva.
Mi è capitato di trovarmi tra le mani la dichiarazione di Ginevra adottata dal regime fascista nel 1925 che sanciva: “ il fanciullo deve essere il primo ad essere aiutato in caso di calamità”, e riflettevo che oggi a ottantatre anni di distanza non lo abbiamo ancora recepito.
Mi rendo conto che è difficile indovinare cosa c’è dietro l’angolo.
Un abbraccio Enzo, richiedo scusa per averti costretto a leggere queste mie riflessioni scoordinate.

domenica 27 gennaio 2008

Desideri

Da un dialogo tra tre preti ascoltato inavvertitamente in istrada.
Uno dei tre, in tono bellicoso ed un po' isterico, con voce femminilmente acuta, rivolto agli altri due :"Io gliel'ho detto (a chi?), se proprio non ci vuoi portare in Terra Santa, allora almeno portaci a Lourdes".
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
http://www.studiomazzullo.com/

sabato 26 gennaio 2008

Morte

"E se Dio avesse inventato la morte per farsi perdonare la vita?"
Gesualdo Bufalino, "Il malpensante"

Ancora?

Il Governo Prodi è caduto in Senato.
Secondo gli schieramente politici, alcuni hanno pianto, altri hanno festeggiato l'evento, stappando bottiglie di spumante, che si è riversato sulla moquette, altri si sono riempiti la bocca, con le proprie mani, di mortadella, ma Voi, osservando queste immagini in Senato, li votereste ancora?

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

San Gennaro


Caro Amico Sindaco,
che mi hai scritto un messaggio sconfortato rallegrati, la situazione disperata che Tu hai denunciato è destinata a risolversi prestissimo e favorevolmente, con immensa soddisfazione di tutti e Tua naturalmente.
Il Cardinale Crescenzio Sepe, celebrando nel Duomo di Napoli una veglia speciale di preghiera per la Sua città, devastata dai rifiuti, così si è espresso:"Una città agonizzante opprime il cuore della Chiesa di Napoli" e ha criticato violentemente "una politica tramortita e senza etica, resa sterile dai suoi stessi vizi" ma anche "le mancanze e l'indifferenza di tutti noi, dei cittadini che si indignano, ma hanno contribuito con la loro condotta a questo scempio".
"Napoli rialzati !" è il grido di dolore, ma anche di speranza che il Cardinale ha innalzato al cielo invocando, come al solito, su Napoli, la protezione e l'intercessione di San Gennaro e decidendo, motu proprio e seduta stante, di esporre "eccezionalmente" le ampolle con il suo sangue.
E' una scelta molto grave e gravosa, responsabile, come il Cardinale stesso ha tenuto a precisare, in quanto al di fuori delle canoniche tre esposizioni, (maggio, settembre e dicembre) la esposizione "eccezionale" delle reliquie del Santo è sempre avvenuta, in passato, in occasione di circostanze drammatiche, quali appunto eventi catastrofici, guerre, pestilenze, carestie e terremoti.
Cittadini di Napoli, Commissario De Gennaro e tu, mio caro amico Sindaco potete essere sicuri e tranquilli. Siete in buone, ottime mani.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

venerdì 25 gennaio 2008

Stranezze



Essere uno psichiatra mi permette di concedermi, senza dovermi preoccupare soverchiamente, qualche piccola stranezza, quasi un vezzo, che colora la vita con una tinta inaspettata, sconosciuta, dimenticata tra le pieghe di una esistenza seria e compassata, misurata ed equilibrata, per esigenze professionali e di immagine. Ma a volte un tocco di colore è pur necessario per sopravvivere.

E allora, avallato da questo concetto, mi autoconcedo varie stranezze innocue ed innocenti, inconfessate e sconosciute, se non agli amici più cari e più fidati, quelli che conoscono, o hanno scoperto i miei lati più oscuri e gelosamente conservati.

Una di queste stranezze consiste nel conservare i giornali e soprattutto i quotidiani, senza leggerli subito, come la logica più elementare vorrebbe e indicherebbe, ma lasciarli attendere intonsi a stagionare per qualche giorno, con le loro notizie fresche, troppo fresche per essere lette subito.

Quasi uno schiaffo al vezzo incomprensibile dei giornalisti di farci pervenire, in tempo reale, le cronache e le loro interpretazioni dei fatti di cui sono testimoni, perchè se ne possa essere testimoni, o quasi, anche noi. E allora io, per ripicca leggo i giornali solo dopo qualche giorno, quando già conosco gli eventi e il loro svolgimento dalla radio, o dalla televisione e posso confrontare la realtà dei fatti con le previsioni e le supposizioni dei suddetti giornalisti.

E' stupefacente ed incredibile constatare quante previsioni e dotte interpretazioni si siano dimostrate, alla prova solo di qualche giorno, del tutto fallaci e drammaticamente infondate e come la realtà successiva abbia stravolto e superato le più astruse ed imprudenti fantasie. E' una pratica molto divertente che consiglierei a chi fa del giornalismo la propria professione, è un esercizio che induce alla modestia e alla prudenza.

Ma non sono qui per fare del facile moralismo, o dare lezione agli altri, ma per giocare ed ironizzare sulle mie stranezze da psichiatra

Quella descritta in precedenza è solo una tra le altre, ma tale da giocarmi a volte strani scherzi, occultandomi a bella posta notizie, che poi lette successivamente, mi inducono a riflessioni, considerazioni, dubbi, problemi di coscienza, che forse non si sarebbero verificati, se avessi letto i giornali nel tempo dovuto, riflessioni che si prolungano, impegnando la mia mente e distogliendola dai problemi dell'oggi e costringendola a vagare tra i meandri della fantasia, delle supposizioni, delle ipotesi, ma soprattutto delle domande senza risposta e quindi inutili.

E' quanto mi è accaduto oggi, leggendo un quotidiano di alcuni giorni addietro, non anni, anche se così parrebbe a giudicare dallo spazio oceanico che già separa ciò che leggo, solo ora, da ciò che si verifica attualmente, al momento, tanta è la velocità con cui la realtà cambia al giorno d'oggi. Solo la morte rimane ferma, immutabile, inalienabile dalla nostra esistenza, sempre eguale a se stessa, seppur nelle molteplici forme con cui si mostra, nei molteplici panni che indossa, secondo le circostanze che sceglie per venire a farci visita. Ed è proprio una storia di morte quella che ho letto oggi, quella che mi ha attratto e colpito, che ha mutato il corso della mia giornata, così rigidamente organizzata e programmata, costringendomi a riflettere e riflettendo, a distogliermi dalle mie quotidiane e abituali incombenze.

La notizia è semplice e forse non avrebbe attirato l'attenzione del giornalista che l'ha scritta e del lettore che l'ha letta, se non fosse per alcune, particolari circostanze specifiche, che la rendono diversa dai quotidiani annunci di morte dei nostri simili, cui ormai, purtroppo siamo abituati e che ci lasciano quasi, o addirittura, indifferenti.

Quando poi la morte riguarda, non un bambino, o un giovane, ma addirittura un anziano ottantaseienne, allora ci sembra addirittura che la signora Morte sia giunta al momento giusto, opportuno per spazzar via dalla vita chi ha già vissuto e goduto a sufficienza e lasciar spazio a chi alla stessa vita vuole affacciarsi, godendo giustamente del suo spazio necessario e dovuto.

Quando un anziano muore ci sembra quasi si sia fatta giustizia, si siano ristabiliti i ruoli e le priorità tra chi è venuto prima e prima deve andarsene e chi, arrivato dopo e non per sua volontà, reclama il suo posto.

Ma torniamo alla notizia: la morte di questo anziano ottantaseienne, che ha anche un nome, si chiama Pio e spesso nel nostro nome è racchiuso il nostro destino, non presenterebbe nulla di particolare e straordinario, tanto da essere comparsa sul giornale, se non fosse per le circostanze e le modalità secondo cui è avvenuta e si è verificata.

Il signor Pio L. di anni ottantasei è morto, una mattina di alcuni giorni fa, una mattina come tutte le altre...in Chiesa, nella sua Parrocchia, ove ogni mattina si recava per assistere alla Messa e proprio un bel giorno, mentre il Parroco celebrava la Messa, la Morte, puntuale e precisa, intempestiva, ma inesorabile, inopportuna, ma implacabile è giunta a reclamare il suo tributo, a pretendere la persona del signor Pio, costringendolo a seguirLa, dove, non è dato saperlo.

Sta di fatto che il signor Pio, obbediente e sommesso, silenziosamente L'ha seguita, senza opporsi, senza protestare, senza richiedere che almeno gli fosse concesso di terminare di assistere alla funzione, assieme agli altri fedeli.

E così il signor Pio se ne è andato in punta di piedi, senza disturbare, senza far rumore, ma lasciando ahimè le sue spoglie mortali, in Chiesa, a testimonianza di una vita religiosamente, oserei dire "piamente" vissuta.

E il Parroco, don Mario, conoscendo il signor Pio, il suo attaccamento alla fede e alla Chiesa, la sua religiosità, ma anche la sua esistenza vissuta nella modestia e nella riservatezza, che il suo stesso nome emanava, ha giustamente pensato bene di interpretare il desiderio e la volontà del suo parrocchiano, se avesse potuto ancora esprimerla, continuando a celebrare la messa per i suoi fedeli convenuti, dopo una breve inevitabile interruzione, invitandoli a pregare per l'anima del signor Pio, il cui corpo mortale rimaneva disteso in terra, in Chiesa, al suo solito posto, coperto pietosamente da un bianco lenzuolo.

Sono piovute le polemiche dei soliti benpensanti e dei soliti anticlericali, che non si lasciano mai sfuggire occasione per criticare, stigmatizzare e irridere ciò che gli uomini di Chiesa fanno, ma quale miglior modo di accompagnare il signor Pio all'ultimo appuntamento, se non proprio quello di continuare a celebrare la funzione mattutina cui era così affezionato, permettendogli di assistervi per l'ultima volta?

E se il signor Pio, dall'Aldilà, ove era stato immediatamente trasferito, ha potuto ascoltare la Messa con tanto di fedeli e il suo Parroco pregare per lui, non pensate che sia stato felice, sereno e soddisfatto? Quale morte più adatta e pietosamente appropriata per il signor Pio, fedele affezionato alla Messa del mattino, morire proprio assistendo alla sua Messa preferita?

Ma, e qui la mia fantasia ha cominciato a volare, perdendosi tra le ipotesi più assurde, se il nostro signor Pio avesse "scelto" la sua morte? Se alle persone più buone, più miti e più osservanti, il Signore avesse concesso in premio di scegliere la propria morte, la più confacente e conforme alla vita come la abbiamo vissuta? Non sarebbe un bel premio per la vita? Non sarebbe questo, questa morte eletta, un ottimo viatico per la vita eterna, per la vita nell'Aldilà, dal quale nessuno è tornato a raccontarcela?

Allora la morte del signor Pio, così felicemente conforme alla sua vita, indubbiamente pia e modestamente e religiosamente condotta, non sarebbe una splendida, elegante, geometrica dimostrazione della esistenza di Dio e della Sua infinita bontà manifestantesi nel concedere agli uomini buoni e onesti, il privilegio di scegliere la propria morte?

Mi tornano alla mente, improvvisamente e con inaspettata ed insperata nitidezza i ricordi del Liceo: dulce et decorum est pro patria mori, "è dolce e onorevole morire per la patria" come ritenevano e sostenevano i Romani, i nostri antenati, certo più patriottici di noi, contenti di morire per la patria e per analogia concettuale, non certo temporale, i piloti suicidi giapponesi, nella seconda guerra mondiale, felici di immolare la propria vita per l'Imperatore, i martiri della Chiesa che affrontarono il martirio con il sorriso sulle labbra, felici di testimoniare con la morte la propria fede, le donne martiri per difendere la propria verginità, i patrioti del Risorgimento che andavano incontro alla morte sul patibolo, onorati di sacrificare la propria esistenza terrena agli ideali in cui credevano, o i Comandanti di navi affondate negli oceani, che invece di salvarsi, preferivano inabissarsi assieme alla loro nave, o gli Ufficiali nella I Guerra Mondiale che perdevano la vita, uscendo dalle trincee al comando dei propri uomini, gridando "Avanti Savoia!", o infine un eroe della mia gioventù, che ora, in clima di revisionismo storico, così eroe non lo è più, il mitico Generale Custer che perse la vita assieme ai suoi cavalleggeri del 7° Michigan a Little Big Horn.

E se tutti questi uomini avessero avuto in sorte, in premio per le proprie vite, la concessione di scegliere la propria morte?

Così tra queste fantasie "s'annega il pensier mio e il naufragar m'è dolce in questo mare".




Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it




giovedì 24 gennaio 2008

La situazione è sempre più confusa

Ricevo oggi sul mio telefono cellulare un SMS da un mio caro amico Sindaco di un Comune vicino Benevento.
Lo riporto integralmente perchè mi sembra, nella sua lapidaria concisione, una perfetta sintesi della situazione campana:
"Caro Domenico ti auguro una buona giornata. La situazione è sempre più confusa. Il governo non c'è più. La regione Campania è al limite del collasso. Il Sindaco di Benevento è agli arresti. L'immondizia nessuno la vuole, fanno le barricate. Pretendono che se la devono prendere le altre Regioni. Ieri sono stato da Bassolino, mi ha detto che vuole abbandonare tutto perchè adesso che ci sono i problemi tutti lo stanno abbandonando. Ma in che società viviamo? Ho l'impressione che ci troviamo in presenza di una destabilizzazione più subdola di quella terroristica. Un abbraccio.
Grazie Amico mio per avermi illuminato, ma soprattutto per rimanere saldo a compiere il Tuo dovere in un mondo così degradato.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

martedì 22 gennaio 2008

Quousque tandem Catilina....



La polemica innestata dalla, ahimè, mancata visita del Papa alla Università La Sapienza e che sembrava essersi conclusa con l'adunata riparatoria domenicale in piazza S. Pietro, proclamata dal Cardinale Ruini ed alla quale hanno partecipato, da penitenti, moltissimi fedeli e semplici cittadini, in mezzo ai quali si sono mescolati i nostri politici di quasi tutti gli schieramenti, per fare pubblica ammenda della grave offesa arrecata al Sommo Pontefice, scuse accettate dal Papa con grande magnanimità e paternalistico atteggiamento di comprensione, non si è per nulla placata ed è stata riaccesa proprio dai vertici della Chiesa, nella persona del Cardinale Angelo Bagnasco chiamato a presiedere la Cei.
Questo "Principe della Chiesa" ha dichiarato, infatti, che il gesto magnanimo del Papa, di rinuncia a partecipare all'inaugurazione dell'Anno Accademico ha tenuto conto dei "suggerimenti" del Governo italiano.
Il Governo italiano ha respinto seccamente l'illazione dichiarando:" Il Governo italiano non ha mai suggerito di cancellare la visita e anzi lo Stato italiano aveva comunicato al Vaticano, che garantiva assolutamente la sicurezza e l'ordinato svolgimento della visita del Santo Padre".
Due verità discordanti. A quale credere? Ma se è vero che il Governo italiano non ha mai suggerito al Papa di non recarsi all'Università, ma si è trattato piuttosto di una Sua magnanima rinuncia, perchè mai tanti politici, tra i quali il Presidente della Repubblica e membri del Governo si sono affrettati e rincorsi nel presentare le proprie scuse al Papa?
Ma le opere del Cardinale Bagnasco non si fermano qui.
In piena sintonia con la vicenda Mastella egli sferra un fermo attacco al Governo, a tutto tondo, criticandolo duramente a proposito di politiche sociali, coppie di fatto, aborto, tutela degli omosessuali, emergenza spazzatura a Napoli. Cito per conoscenza, solo alcuni passi esemplificativi del suo discorso: ai politici rimprovera di "limitarsi a parole e provvedimenti che nascono evasivi...la latitanza amministrativa, il palleggiamento di responsabilità, l'ignavia delle istituzioni, il limitato aiuto fiscale, alle famiglie numerose, l'insufficiente politica in tema di sicurezza" e bontà sua aggiunge suggerimenti e consigli:"Bisogna mettere economicamente le forze dell'ordine, nella condizione di agire".
Bagnasco inoltre dichiara che" la Chiesa non cerca egemonia nè ha intenzionalità bellica", però "si oppone alla regolamentazione per legge delle coppie di fatto e alla introduzione di registri che surrogano lo stato civile". Altresì egli chiede la revisione della legge 194 dello Stato italiano, sull'aboto, invocando" un aggiornamento di qualche punto della legge".
Mi chiedo, rammentando le parole che Cicerone rivolse a Catilina nella sua famosa orazione in Senato, "Quousque tandem Catilina...fino a quando Catilina...", fino a quando dovremo essere costretti a tollerare una così pesante e impropria intromissione della Chiesa nelle vicende interne del nostro Stato? Fino a quando continueremo a essere umilmente e servilmente succubi di un Potere che non dovrebbe essere più temporale, ma che continua a cercare di esserlo, intromettendosi pesantemente nelle vicende dell'Italia?
Mi chiedo perchè la Chiesa non faccia lo stesso con altri Paesi a noi vicini, come Francia, Spagna, Germania. Forse perchè non li troverebbe altrettanto proni?
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

lunedì 21 gennaio 2008

Agganci in Paradiso?





Ho ricevuto dal signor Francesco Cimmino, con grande piacere, una nuova lettera, che pubblico integralmente e alla quale rispondo:

Gentile dott. Mazzullo,
La ringrazio per l'attenzione posta alla mia lettera e per il tempo dedicatomi nella risposta, da cui, come sempre, si ricavano interessanti spunti di riflessione.
Rimango però della mia opinione:l'atteggiamento di studenti e professori che protestano "a priori" per la presenza del Papa rappresenta un atto di fede, quindi espressione di una posizione "a priori" anticlericale. Mi permetta il paragone, mi sembra il comportamento del bambino che non vuole assaggiare la minestra perchè tanto sa già che non sarà di suo gusto. Ben altra cosa sarebbe stata se le proteste fossero arrivate dopo "aver assaggiato la minestra", ossia dopo aver ascoltato il discorso del Papa, ognuno avrebbe potuto esprimere la propria opinione senza causare indignazione alcuna. Mi consenta infine una facezia:vedendo la moltitudine di persone accorsa ieri ad omaggiare il Pontefice (sono sicuro che sarebbero stati molti meno senza la nota vicenda di cui dissertiamo) e considerando la splendida domenica di sole, almeno inusuale per gennaio, mi è sorto un dubbio:avesse davvero Ratzinger agganci in Paradiso? Cordialmente
Francesco Paolo Cimmino



Caro Amico,

mi permetta di chiamarLa così, visto che, seppur dissentendo su alcune opinioni, siamo interessati agli stessi argomenti, La ringrazio prima di tutto per la Sua rinnovata attenzione e mi permetto di essere ancora una volta in disaccordo con Lei.
Gustoso il paragone del bambino alle prese con la minestra, ma mi consenta di non ritenerlo calzante e adatto al fatto specifico.
Se il Papa fosse stato infatti una persona qualunque, come me e Lei, me lo consenta, allora io avrei dovuto ascoltare integralmente il Suo discorso e solamente dopo approvare o dissentire, a seconda dei contenuti, ma sta di fatto che il Papa non sia una persona appunto qualunque, ma il Capo della Chiesa cattolica e che in tale veste fosse stato invitato all'università.
Il dissenso, da parte dei docenti e degli studenti, non è stato espresso, "a priori", come Lei dice, sul discorso-minestra del Papa, prima di averlo ascoltato, ma piuttosto sulla presenza stessa del Papa all'inaugurazione dell'Anno accademico, presenza considerata dai protestatari inopportuna.
La protesta non si è rivolta al gusto più o meno gradevole della minestra, quindi, ma sulla opportunità di servire a tavola la minestra stessa.
Riguardo poi alla splendida giornata di ieri in cui un sole quasi primaverile, ha illuminato la folla oceanica raccoltasi "spontaneamente" in piazza S. Pietro, rispondendo all'appello del Cardinale Ruini, per manifestare la propria solidarietà al Papa e il proprio rincrescimento per la grave offesa a Lui arrecata, ritengo assieme a Lei, che gli "agganci in Paradiso" del Sommo Pontefice e dei Suoi predecessori debbano essere veramente molto potenti, visto il sopravvivere in buona salute della Chiesa, nonostante le "piccole irregolarità" di cui si è macchiata nei secoli (S. Inquisizione, processo a Galileo Galilei, roghi delle streghe e degli eretici, rogo di Giordano Bruno, persecuzione della Scienza e degli scienziati, antisemitismo(ghetti chiusi al tramonto e altre simili amenità verso i perfidi ebrei), iniquo potere temporale dei Papi, che sarebbe continuato ancora, se non gli fosse stato posto fine dai Bersaglieri il XX Settembre 1870.
Dico questo con pieno spirito laico.
La saluto caramente.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
http://www.studiomazzullo.com/


domenica 20 gennaio 2008

Poesia


Confesso che non ho mai compreso la poesia e non amo ciò che non comprendo.
La poesia per me è legata ai pomeriggi di molti anni fa, ai tempi della scuola, trascorsi tristemente nel cercare di mandare a memoria versi incomprensibili, che la fatica mi faceva odiare e aborrire.
Qualche facilitazione nella memoria, ma non nella comprensione, la trovavo nelle poesie in rima, oggi introvabili e misconosciute, probabilmente non più apprezzate dagli odierni e moderni poeti i quali preferiscono scrivere versi che sembrano prosa, solo con righe più corte.
Alcuni giorni addietro, una mia paziente, congedandosi, mi ha timidamente consegnato un foglio, con alcune parole scritte sopra.
Mi ha detto, non senza emozione e fuggendo via, subito dopo, trattarsi di una poesia, riguardante me e il mio studio:
La bottega delle chimere
Scivolo piano in un uovo rosso di pezza
bottega e infanzia di un antico giostraio.
Nella nostra infanzia sospesa
il tempo somiglia a una biglia,
emergono ombre sul muro,
ma solo se cala la luce.
Quando tesso i ricordi,
tu spingi la giostra in silenzio.
Avvolta in uovo fecondo,
io sono una papera zoppa,
col becco appena socchiuso:
il grano sta spesso
tra la paglia e lo sterco.
Confesso di non comprendere la poesia, soprattutto quando è senza rima.
Questa poesia è senza rima, ma confesso di averla compresa.
Cara paziente che non posso nominare, ti ringrazio per avermi reso comprensibile la poesia.
Se mi leggi, ti riconoscerai.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it


Laico o anticlericale?


Ho ricevuto dal Signor Francesco Paolo Cimmino, a proposito della mancata visita del Papa all'università, la lettera che pubblico integralmente, seguita dalla mia risposta:
Egregio dott. Mazzullo,
seguo sempre con interesse gli arguti e dotti commenti che Ella esprime sul suo blog riguardo gli argomenti più scottanti della realtà politica e culturale di questo nostro povero paese.
Mi trovo in pieno accordo con Lei circa le valutazioni sulla vicenda Prodi e Mastella, mi permetta invece di dissentire per ciò che riguarda la mancata visita del Papa all'università in occasione dell'apertura dell'anno accademico.
Reputo gloriose le gesta della repubblica romana del 1849 e mi commuovo pensando al giovane Mameli ferito a morte al Gianicolo;credo però che la presenza del Papa all'università non avrebbe in alcun modo messo in discussione la separazione fra Stato e Chiesa, con la rinuncia di questa all'esercizio del potere temporale, sancita dai patti lateranensi del 1929.
A Lei, che stimo anche come scrittore e amante della semantica, vorrei ricordare che i termini laico e anticlericale non hanno lo stesso significato:laico è infatti chi non è inserito in una gerarchia ecclesiastica, anticlericale è invece chi a priori rifiuta gli atti ed i pensieri prodotti dalla chiesa e dai suoi rappresentanti.
Considero sacro il concetto di stato laico, becero quello di stato anticlericale. Vorrei infine sapere dove erano gli illuminati professori che hanno protestato sentendosi privati della loro libertà o i validi studenti, dei quali, detto fra noi, sarei curioso di conoscere i brillanti risultati universitari, perchè, a vedere le loro interviste, più che studenti sembrano i loro nonni, quando alla Sapienza si attendeva la visita non del Papa ma di personaggi come Toni Negri o Oreste Scalzone?
Cordialmente
Francesco Paolo Cimmino

Caro Signor Cimmino,

La ringrazio, prima di tutto per l'interesse che Lei riserva al mio pensiero e alle mie parole e Le rispondo cercando di essere ancora più chiaro che nel post precedente, grazie anche alla Sua lettera.

Conosco bene la differenza tra i termini laico e anticlericale e Le assicuro che il mio pensiero e conseguentemente le mie parole corrispondono totalmente ed esclusivamente ad un principio di assoluto e fermo laicismo, mentre considero l'anticlericalismo una posizione "a priori", quindi "di fede" e la fede è un concetto che mi è alieno in tutti i sensi ed in tutti gli ambiti. Mi considero un uomo e uno psichiatra , che cerca di utilizzare sempre la sua ragione e procede lentamente, terra terra, che avanza cercando di porre attenzione a dove mette i piedi, che diffida dai voli pindarici della fantasia e che, utilizzando la sua umana ragione, è abituato sempre a chiedere a se stesso e agli altri le prove di ogni affermazione e presa di posizione, per questo mi definisco un laico e non un anticlericale, diffidando anche in questo ambito da ogni principio di fede, a me alieno.

Pertanto ritengo e continuo ad affermare, con Lei, che la presenza del Papa all'università non avrebbe in alcun modo messo in discussione la separazione tra Stato e Chiesa, essendo questa separazione da difendersi in altri ambiti e in altri contesti, da parte di uno Stato, i cui rappresentanti stessi si mostrano sempre più succubi e sottomessi alla sempre più pesante intromissione della Chiesa nei suoi affari interni, sottomissione evidentemente legata a benefici politici, essendo la Chiesa stessa un organo di straordinario, ahimè potere, ma altresì ritengo, a titolo personale, che l'invito al Papa, da parte del Rettore, fosse inopportuno e fuor di luogo.

Per questo ritengo che i Docenti firmatari avessero, democraticamente, tutto il diritto di esprimere, nei modi dovuti, e lo hanno fatto attraverso una lettera, il proprio dissenso a questo invito e così anche gli studenti che avevano annunciato manifestazioni di protesta. Esprimere liberamente il proprio parere e, quindi, il proprio dissenso, fa parte di una libertà democratica che ancora non ci è stata negata, almeno in apparenza e non credo che il curriculum universitario degli studenti e i loro "brillanti risultati", come Lei li definisce, possano incidere sulla loro libertà di esprimere il proprio parere, altrimenti ci troveremmo in un regime di aristocrazia, governo dei migliori, e non di democrazia, come fino a prova contraria siamo.

Le voglio comunque rammentare, sine ira et studio, che nessuno ha impedito al Santo Padre di recarsi all'università, come invece potrebbe apparire dai commenti partigiani, che da tante parti si sono levati, ma che Egli stesso ha deciso, liberamente, di rinunciare, forse spaventato dal fatto che non gli si potesse assicurare l'universale e totale accoglienza di benvenuto cui è abituato, come quella di oggi in piazza S. Pietro, da parte dei suoi fedeli sostenitori.

Forse il S. Padre capo assoluto di una Chiesa che rappresenta quanto di più totalitario possa esistere in tema di governo, basti per questo pensare al dogma della infallibilità del Papa, non è abituato a confrontarsi con il dissenso ed in presenza di questo, preferisce ritirarsi.

In cosa consisterebbe quindi l'affronto rivolto al Papa, di cui anche il Presidente della Repubblica Napolitano, ha ritenuto doveroso personalmente scusarsi? Per non parlare poi della figura vergognosa prodotta dai politici tutti, salvo sparute eccezioni, che si sono espressi nei termini di attentato e di offesa alla democrazia quando proprio la libertà di esprimere il proprio parere e, quindi, anche il proprio dissenso è un attributo inalienabile di questa.

E volendo poi tornare al concetto di laico, a noi caro, che nella accezione più ampia significa non fondato su forme di dogmatismo religioso, o ideologico, quindi libero, aggiungo io, voglio solo rammentarLe alcuni passi del discorso che il Papa avrebbe dovuto tenere e che, invece, è stato letto da un docente per Lui:"Se la ragione diventa sorda al grande messaggio, che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita". E ancora:"Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro."

Parole, a mio parere, che sarebbero state opportune per l'inaugurazione dell'Anno accademico della Università Cattolica o dell'Opus Dei, ma non per una Università che ancora si professa laica.

Ancora una volta la ragione che deve assoggettarsi e sottomettersi alla fede, naturalmente quella cristiana, per perseguire e raggiungere la verità, che guarda caso, è sempre ed assolutamente, ancora quella cristiana. Non è questo dogmatismo?

Mi tornano alla mente le parole di Pirandello in "Così è, se vi pare" a proposito della Verità: "Io sono colei che mi si crede".

La saluto caramente.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

http://www.studiomazzullo.com/

mercoledì 16 gennaio 2008

Tacere


Ho ricevuto dal mio affezionato lettore Roberto una nuova lettera, che ritengo molto interessante e che pubblico integralmente, assieme ad una mia risposta. Premetto che la lettera era di un giorno precedente, alla vicenda giudiziaria che ha colpito il Ministro Mastella e la Sua Signora; la risposta è ovviamente successiva.
Egregio Dottor Mazzullo
Non so se siamo di fronte a una farsa o a una tragedia greca, ma è quello che provo ogni giorno documentandomi sull’andamendo della nostra Italietta. Perché un po’ mi viene da ridere e un po’ da piangere. Ma molto anche arrabbiare. La cosa che di più mi fa imbestialire è che in un momento economico così drammatico, con il disagio dei giovani in balia di una società che non gli garantisce il futuro, con una sanità pubblica che fa paura, con una delinquenza e una violenza che la fanno da padrone, con un’immagine nazionale degradata a livello mondiale dall’effetto boomerang della vicenda rifiuti, noi elettori dobbiamo assistere alle squallide esibizioni dei politici che litigano sulla riforma elettorale con il solo scopo di difendere le loro dorate posizioni, autori di una corruzione e un clientelismo umiliante per la nazione e per chi lo applica, ma ormai sdoganata e legalizzata da loro stessi. Arrivando a proporre anche finte “spaccature nell’Unione” che non approderanno mai a niente, almeno fino a quando, così dicono insigni giornalisti e politologi di destra e di sinistra, arriverà il 30° mese di Governo, che garantirà a tutti l’immeritata ricca pensione da parlamentare. Starò a vedere, magari insieme a coloro che devono lavorare 30 anni per una pensione da fame.
Però per qualcosa i nostri bravi politici stanno lottando, per ottenere l’aumento di stipendio, che Bertinotti ha bloccato da qualche mese. Poverini.
Prima di farLe la solita domanda Le ricordo che già una volta Lei mi ha detto che queste persone ce le mettiamo noi a governare e non Le nascondo che ho provato un senso di colpa quando mi sono reso conto che anche io ero complice di questo disastro.
Ma è proprio qui che verte la domanda che Le faccio, e cioè: Come possiamo noi elettori fare altrimenti, quando è chiaramente tutto BLINDATO in modo tale che ci convincono che siamo veramente noi a decidere, quale sono le alternative umane a quelle oggi proposte dai segretari dei partiti. Come possiamo difenderci da gente che dice una cosa e ne fa un’altra. Perchè non interviene la magistratura quando un governante fa il contrario di quello che ha promesso? Perché comincio a pensare che le organizzazioni terroristiche, rosse e nere, degli anni ‘70 e ‘80, unico deterrente che ha unito gli schieramenti politici per raggiungere uno scopo comune, forse...Mi scusi dottor Mazzullo, ma preso dalla foga di scrivere sto sragionando.
Meglio che mi fermi qui.
Un caro saluto dal suo speranzoso amico,
Roberto
Caro Roberto,
La ringrazio, prima di tutto per la fiducia e il credito accordatomi, ma che non credo proprio di meritare e Le rispondo con grande piacere, accresciuto dal fatto che la Sua lettera mi fornisce anche l'occasione per commentare la vicenda giudiziaria che ha coinvolto ieri il Ministro della Giustizia Mastella e la Sua Signora, ristretta agli arresti domiciliari nella Sua villa.
Premesso che, fedele come più volte ho detto agli illuministici insegnamenti di Cesare Beccaria, ritengo fermamente che nessuno possa mai essere considerato colpevole, fino a che non siano stati conclusi tutti i gradi di giudizio, ho salutato, come semplice cittadino, con grande gioia e soddisfazione le dimissioni subito rassegnate dal Ministro della Giustizia indagato.
Purtroppo la mia gioia e soddisfazione è stata prontamente delusa, con gravissima indignazione, dalla replica del Presidente del Consiglio Prodi, che ha rifiutato le sue dimissioni e ha invitato il suo Ministro della Giustizia a rimanere al suo posto, manifestandogli in più, tutta intera la sua solidarietà, cosa che si è affrettata a fare tutta la classe politica al completo.
Credo e affermo, che il nostro Presidente Prodi abbia ancora una volta perso una buona occasione per tacere e gli consiglierei la lettura dell'aureo libretto dell'Abate Dinouart "L'arte di tacere".
Se non dovesse trovarlo in libreria, sono disposto a fornirgli la mia copia, a patto che prometta di restituirmela.
Credo che nel rispetto dei cittadini e del mandato da loro affidatogli, un Presidente del Consiglio che si rispetti, dovrebbe immediatamente accettare le dimissioni di un suo Ministro, per giunta della Giustizia, indagato dalla Magistratura dello Stato che egli governa, riservandosi dignitosamente di tacere e men che meno dovrebbe manifestare apertamente la sua solidarietà, in pubblico.
Libero di farlo, naturalmente in privato, se obblighi e doveri di "amicizia" lo impongono.
Il rifiuto delle dimissioni e ancor di più la sua solidarietà, espressa pubblicamente, dimostrano e manifestano chiaramente ed esplicitamente una sconfessione della Magistratura che indaga e che, fino a prova contraria, sta compiendo il proprio dovere.
Strano ed inquietante fenomeno, quello di un Capo di Governo che sconfessa e dimostra pubblicamente di non approvare l'operato di una Magistratura che, mi sembra di ricordare, rappresenta uno dei tre poteri dello Stato, di quello stesso Stato che il Capo del Governo attualmente in carica, dovrebbe guidare.
Oppure, subdola, strisciante ed ancora più inquietante, si fa strada entro di me, crudelmente, una seconda ipotesi, cattiva ed iniqua al solo pensarla, ossia che la Magistratura è buona quando colpisce i nostri nemici politici e diventa improvvisamente ed inspiegabilmente cattiva, quando colpisce i nostri amici di schieramento politico. Ma voglio ricacciare subito questa ipotesi e confinarla nelle pieghe del mio insano ed ingiusto pessimismo, che mi suggerisce incubi terrifici di uomini politici, che lungi dal fare l'interesse del Paese, fanno i propri.
E a questo punto giungo alla Sua domanda. La mia risposta è unica e semplice; non so se sia quella giusta, ma è l'unica che riesco a darLe e a darmi: comportarci da Cittadini, come Cittadini furono coloro che fecero la Rivoluzione Francese, che fecero la Rivoluzione Americana, la Repubblica Partenopea e la Repubblica Romana e non da sudditi, come sino ad ora abbiamo fatto. Se non siamo contenti dei nostri rappresentanti, mandiamoli a casa, semplicemente non votandoli più.
Giustamente, nella Sua lettera, Lei mi dice che spesso appare non vi siano alternative. In questo caso non mi piace il sistema che adottò Indro Montanelli, quando affermò:"Mi turo il naso e voto DC".
Con tutto il rispetto per il grande giornalista, io proporrei un'altra soluzione: votare, tutti gli italiani uniti compatti, scheda bianca.
Un sogno? Ma la vita è fatta anche di sogni.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

Ferita dolorosa alla democrazia


Ancora una volta non sono d'accordo. Non sono d'accordo con il rilievo assurdo e fuori luogo tributato al rifiuto, o meglio detto alla rinuncia, da parte del Papa a presenziare all'inaugurazione dell'Anno Accademico nella Università La Sapienza di Roma, in risposta alla lettera aperta di alcuni docenti universitari contrari alla visita del Papa e alla minaccia da parte degli studenti di contestazioni.
La classe politica al completo, in testa il Presidente della Repubblica Napolitano e il Primo Ministro Prodi, seguiti a ruota dalla schiera dei nostri uomini politici di tutti gli schieramenti, con pochissime e rare eccezioni, ha trovato una sua novella solidarietà ed unità a dir poco sconvolgente, innalzando al cielo alti lai ed un coro unanime di dolore e di sgomento per l'onta subita dal sommo Pontefice e dalla democrazia: Il Presidente della Repubblica ha scritto personalmente una lettera al Papa per scusarsi, il Presidente del Consiglio Prodi parla di "clima inaccettabile in una democrazia e estremamente triste, per la rinuncia del Papa, condanna i gesti, le dichiarazioni e gli atteggiamenti che hanno provocato una tensione inaccettabile e un clima che non fa onore alle tradizioni di civiltà e di tolleranza dell'Italia". Ma Prodi, come già in altre occasioni, vedi spazzatura a Napoli, è estremamente sensibile alla immagine del nostro Paese presso la comunità internazionale:"Questa storia andrà a finire sulle tv e i giornali di tutto il mondo. Una cosa pazzesca e tutto per colpa di qualche docente". Per Veltroni: "Atteggiamenti di intolleranza come quelli che si sono verificati in questi giorni verso il Pontefice, fanno male alla democrazia e alla libertà", e Rutelli incalza: "...una amarezza profonda, perchè quando prevale la voce degli intolleranti, si spegne la voce della libertà".
Per D'Alema quanto si è verificato è frutto di "atteggiamenti e prese di posizione estremistiche che non rappresentano affatto la grande maggioranza degli Italiani e che non fanno onore alla coscienza civile e democratica del Paese". Su posizioni analoghe il centrodestra. Per Fini:"la vicenda ferisce profondamente le coscienze di tutti gli italiani, laici o cattolici che siano", mentre per Berlusconi è necessario "un esame di coscienza per la pagina vergognosa che ferisce e umilia non il Pontefice, ma l'Università italiana e in generale lo Stato". Concludo con la Conferenza episcopale italiana, che ovviamente commenta duramente l'accaduto:"Il Papa è oggetto di un gravissimo rifiuto che dimostra intolleranza antidemocratica e chiusura culturale".
Il motivo conduttore e il denominatore comune di queste addolorate esternazioni e dichiarazioni è rappresentato dalla grave offesa alla democrazia, dalla grave minaccia alla democrazia rappresentata dalla presa di posizione di alcuni docenti e dalla previsione di proteste e contestazioni, da parte degli studenti, ma, allora mi chiedo perentoriamente:"Quale democrazia sarebbe mai, se ad alcuni docenti ed agli studenti venisse impedita, o negata la possibilità di esprimere il proprio disaccordo per la visita del Papa, nella propria Università?" Mi sembra che proprio questa libertà di esprimere il proprio parere e quindi anche il proprio dissenso costituisca il principio fondamentale, universale, inalienabile di una democrazia vera e sentita, reale, non certo di una democrazia fittizia e illusoria, nella quale si ha la libertà solo di esprimere ciò che fa piacere al potere.
Proprio questo secondo tipo di democrazia, questa pseudodemocrazia, è quella che tanto piace alla Chiesa, così abituata al pieno, totale e sottomesso assenso dei fedeli, da tacciare di attentato alla democrazia, la libera espressione di un dissenso.
Si è parlato in questi giorni di processo a Galileo e di una molto tardiva e ormai inutile riabilitazione del nostro scienziato da parte proprio di Papa Ratzinger, ma evidentemente i metodi e i modi, le logiche della Chiesa non sono cambiate per nulla.
Certo al sommo Pontefice, così abituato alle oceaniche ovazioni in piazza S. Pietro, da parte dei suoi fedeli, deve essere apparsa oltremodo pericolosa e sconcertante, oltraggiosa la probabile contestazione e manifestazione di non gradimento, da parte di alcuni docenti e studenti, tanto da indurlo a rinunciare alla Sua visita alla Sapienza.
Ciò che mi stupisce e mi indigna, non è tanto la reazione della Chiesa e dei suoi uomini, abituati da secoli all'esercizio di un potere assoluto e totalitario, ma la reazione supplice e sottomessa dei nostri politici, che dovrebbero essere invece i depositari di una rappresentanza loro fornita da noi cittadini di uno Stato laico e libero.
Se i modi e i metodi degli uomini di Chiesa non sono mutati nella forma e nella sostanza, in poco più di cento anni sono drammaticamente mutati invece i modi e soprattuto le coscienze di uomini che dovrebbero essere e rappresentare gli eredi ideali di Coloro che combatterono e morirono per la libertà e l'Unità di Italia.
Quale drammatica e disperante distanza tra gli uomini di oggi e i Mazzini, i Saffi, gli Armellini, triunviri della gloriosa Repubblica Romana, che liberò Roma dal potere temporale della Chiesa.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it

martedì 15 gennaio 2008

Diagnosi


Nella consapevolezza che si tratta di un argomento particolare e specifico, ritengo però opportuno pubblicare sul blog una notizia, seguita da un mio commento, che può interessare i pazienti e tutti coloro i quali attualmente seguono un trattamento di psicoterapia o hanno intenzione di iniziarne uno.

Psicologi, 'minacciata' nostra competenza su diagnosi per psicoterapia
Roma, 14 gen. (Adnkronos Salute) - Psicologi italiani in allarme. In discussione la loro competenza sulla diagnosi necessaria per la psicoterapia convenzionata. I professionisti, infatti, esprimono preoccupazione per il destino della proposta di legge sulle 'Disposizioni per l'accesso alla psicoterapia', attualmente all'esame della Commissione Affari sociali della Camera. Alcuni emendamenti presentati al testo originario potrebbero escludere la categoria dalla diagnosi per accedere alla psicoterapia a carico del Ssn, riservando questa competenza solo ai medici. A pronunciarsi contro questa possibilità è un fronte compatto che va dal presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine degli psicologi, Giuseppe Luigi Palma, al segretario generale dell’Associazione unitaria psicologi italiani, Mario Sellini. Dal Ddl - dicono i professionisti in una nota - emerge un modello di psicoterapia come disciplina 'spezzata', in cui si distingue tra diagnosi psicologica e psicotecnica: i veri psicoterapeuti sarebbero i medici, con gli psicologi relegati all’unico ruolo di psicotecnici. "Escludere gli psicologi è un errore storico, politico, culturale oltre che scientifico. Il vero punto di scontro, però - spiega Sellini - è inserire nel testo della legge la necessità di un finanziamento ad hoc, finalizzato alla psicoterapia, come è avvenuto per le cure odontoiatriche sovvenzionate nell’ultima legge finanziaria". Senza uno specifico finanziamento, infatti, ai cittadini non potranno mai essere garantite le cure psicoterapeutiche. "Come presidente del Consiglio nazionale - sostiene Palma - devo amaramente prendere atto che dopo la fattiva collaborazione, durata sette anni, per la costruzione di questa proposta di legge, nata con l’obiettivo di garantire ai cittadini il pieno diritto alla psicoterapia, l’emendamento così presentato danneggia la professione di psicologo e le sue basi scientifico-culturali".

Riporto integralmente il comunicato della Agenzia di informazione Adnkronos, perché la notizia mi sembra degna di nota e di opportuno commento.
Con buona pace degli psicologi tutti e addirittura del Presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine degli Psicologi Giuseppe Luigi Palma e del segretario generale dell’Associazione unitaria psicologi italiani, Mario Sellini, in qualità di psichiatra che esercita da trenta anni la professione di psichiatra e psicoterapeuta, sono assolutamente e totalmente d’accordo con il concetto che gli psicologi debbano essere esclusi dal procedimento di diagnosi per accedere alla psicoterapia e aggiungerei di mio, non solo quella a carico del Ssn, ma anche, anzi soprattutto, quella in ambito privato.
Mi sembra di affermare qualcosa di ovvio e di lapalissiano, essendo da tempo immemorabile “la diagnosi”, intesa come “definizione di una malattia attraverso l’anamnesi, i segni e i sintomi, gli esami di laboratorio e quelli strumentali”, una competenza ed una incombenza, assolutamente ed esclusivamente riservata ai medici e aggiungerei, in questo caso, agli specialisti in psichiatria, essendo la diagnosi in ambito psichico particolarmente difficile, irta di incertezze e molto spesso non supportata e suffragata da esami strumentali, come invece avviene per tutte le altre discipline mediche.
Ogni forma di terapia e quindi, anche e naturalmente una farmacoterapia, di esclusiva competenza medica e, per ciò che ci riguarda in questo discorso, una psicoterapia, di qualunque tipo e a qualunque scuola appartenga, deve essere conseguenza e derivare da una corretta diagnosi, che di quella è propedeutica e preludio indispensabile ed inalienabile.
Senza nulla togliere alle legittime competenze degli psicologi e nel pieno rispetto delle differenze, ritengo che il loro iter di formazione universitaria e anche successivo, vedi specializzazione e formazione, non permetta loro di formulare diagnosi cliniche in ambito psichico, mentre può certamente essere loro riservato l’onere di una corretta psicoterapia, conseguente e successiva ad una corretta diagnosi ed indicazione terapeutica.
Mi sembra questo, un giusto modo di procedere logico e anche secondo una evidente linea di buon senso, nella assoluta, totale e prioritaria difesa dell’interesse del paziente, che ha tutto il diritto di ricevere una corretta diagnosi e corretta terapia, sia essa a carico del Ssn, o totalmente a carico suo, in ambito privato.
Sinceramente e fuor di ogni intenzione polemica non comprendo le parole, , di Mario Sellini, secondo il quale “escludere gli psicologi è un errore storico, politico, culturale, oltre che scientifico”.
In cosa, per ogni categoria, storica, politica, culturale e scientifica, egli ravvisa un errore?
Perché, dal canto suo, Giuseppe Luigi Palma ritiene che”l’emendamento così presentato danneggia la professione di psicologo e le sue basi scientifico – culturali”?
A mio modesto parere mi sembra che l’emendamento protegga i pazienti, molto meglio di quanto avvenga ora, da una psicoterapia iniziata e condotta, purtroppo spesso, senza una diagnosi precisa, conditio sine qua non, per ogni terapia, o peggio, in assenza addirittura di una diagnosi e in ultima analisi, protegga anche gli psicologi dai rischi e dalle responsabilità morali e materiali che possono conseguire dalla applicazione di una psicoterapia, pur sempre una terapia, senza una precisa e responsabile indicazione e prescrizione medica.
Più volte mi è capitato, in trenta anni di professione, di imbattermi in pazienti psicotici, che dopo aver intrapreso la lunga e faticosa strada di una psicoterapia e averla percorsa per un lungo tratto, hanno iniziato a manifestare gli inconfondibili ed ineludibili segni di una psicosi che, se identificata e diagnosticata in precedenza, quando, superficialmente, poteva ancora apparire come un disturbo nevrotico, ed essere scambiata per questo, o una semplice crisi adolescenziale, avrebbe potuto godere di un trattamento farmacologico precoce e quindi certo più utile di una sola psicoterapia.
E’ nozione comune, infatti, che una psicosi, quanto prima viene diagnosticata e adeguatamente trattata, tanto meno induce danni nella struttura psichica del paziente.
Analogo, seppur diverso discorso, vale per la depressione che necessita anche essa di una diagnosi precisa nelle sue varie e molteplici forme di depressione reattiva, endogena, bipolare, post-partum, senile, endoreattiva, mascherata, tanto per citare le più comuni e di un conseguentemente adeguato ed opportuno trattamento farmacologico, che a volte, ma non sempre, richiede anche un affiancamento psicoterapico.
Concludo, quindi, riaffermando che mi sembra assolutamente opportuno e sacrosanto far precedere ogni trattamento psicoterapeutico, da una diagnosi formulata da uno psichiatra, unica figura professionale, cui spetta il compito di una diagnosi clinica e quindi una conseguente indicazione terapeutica, intendendosi questa anche come una psicoterapia condotta da uno psicologo.
Questo nel pieno, assoluto, rispetto delle garanzie dovute e indispensabili per il paziente.
Non voglio, naturalmente neppur lontanamente pensare, che la strenua opposizione a questo principio da parte degli psicologi, possa intendersi come una corporativa difesa delle prerogative fin qui acquisite, per una legislazione carente in questo ambito e quindi, in ultima analisi una “Cicero pro domo sua”.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com

domenica 13 gennaio 2008

Esame di coscienza


Da bambino, quando frequentavo il catechismo, mi veniva insegnato che prima della confessione, propedeutica ed indispensabile alla successiva comunione, si dovesse compiere un serio, sincero ed approfondito esame di coscienza, meglio ancora sarebbe stato, se questo esame fosse stato praticato tutte le sere, dopo le preghiere e prima di addormentarsi, a concludere la giornata.
Ora che sono diventato adulto da tempo e che da laico non pratico più i sacramenti, ho tuttavia mantenuto questa abitudine dell'esame di coscienza, adesso assolutamente e naturalmente laico e che ha sostituito integralmente le preghiere serali. Mi chiedo, se ho arrecato del male o offesa a qualcuno, consapevolmente, o non, se sono rimasto fedele ai miei principi e ai miei valori, ma soprattutto, se ho compiuto integralmente il mio dovere. Rarissimamente sono soddisfatto di me.
Mi chiedo però, alla luce dei recenti avvenimenti e delle sue parole in seguito ed a commento di questi, se il Presidente del Consiglio Romano Prodi, pratichi, nel silenzio della sua intimità, lo stesso esame di coscienza, perchè ad ascoltare le Sue dichiarazioni, vien fatto di dubitarne.
"E' una vergogna per l'Italia, non voglio più sentire le autorità internazionali ironizzare sui rifiuti a Napoli e in Campania". E ancora:"Nessuna Regione può sottrarsi all'obbligo di solidarietà nazionale. Ci vuole una responsabilità collettiva.... Ci sono momenti in cui un Paese deve dimostrare di essere un Paese e di avere dignità. Le decisioni le abbiamo prese, serie e dure, ora l'Italia dimostri di essere una nazione, siamo tutti Italiani....quando c'è un parente che vi chiede ospitalità, anche se non avete posto, sistemate un divano letto in salotto...è uno sforzo minimo e temporaneo...non c'è senso civico....Posso usare solo l'autorità che ho, ma ho un'autorità morale che pesa ancora più di qualsiasi decisione politica".
Belle parole, Signor Presidente, frasi ad effetto, che vogliono mostrare decisione e risoluzione nei momenti difficili, virtù proprie di un comandante che si rispetti, ma forse il Presidente Prodi, che fa riferimento ad un'autorità morale ancor più gravosa di qualsiasi decisione politica, dimentica che non è proprio morale addossare sugli altri, in questo caso le Regioni, insensibili al grido di dolore che si leva dalla Campania e i cittadini singoli che si rifiutano, o si mostrano riluttanti, ad accogliere in casa loro "un parente che chiede ospitalità", sotto forma di sacchetto di spazzatura, o di cassonetto, venendo meno ad un sacrosanto dovere di ospitalità, le responsabilità proprie. "Siamo tutti italiani" ....l'Unità d'Italia realizzata sotto l'egida della spazzatura.
Non è morale, Signor Presidente, rampognare gli altri perchè non compiono il proprio dovere, quando noi non abbiamo compiuto il nostro, infatti Suo dovere sarebbe stato, Signor Presidente, prevedere e prevenire, dall'alto della Sua autorità morale, ciò che ora sta accadendo, visto che l'emergenza rifiuti in Campania è una "emergenza" solo nelle intenzioni di chi vuole e ha tutto l'interesse di considerarla così.
Il dizionario recita infatti alla voce "emergenza":circostanza o eventualità imprevista specialmente pericolosa ovverosia circostanza, per lo più seria, che interviene inaspettatamente.
Sulla serietà e pericolosità della emergenza rifiuti, mi sembra si possa essere tutti d'accordo, ma cosa dire riguardo all'aggettivo imprevista e all'avverbio inaspettatamente, alla luce del fatto che l'Europa tutta ci accusa di non aver fatto nulla per questa "emergenza" da oltre quattordici anni?
Prevedere e prevenire sarebbe stato un Suo preciso, specifico compito, e dei Suoi collaboratori, naturalmente, ma in una gerarchia di comando la responsabilità maggiore spetta, ovviamente, al più alto in grado.
Emergenza, Signor Presidente, per come la abbiamo definita, è un terremoto, una alluvione, un uragano, lo tsunami, ma non certo lo smaltimento dei rifiuti e se è veramente così preoccupato perchè le autorità internazionali ironizzano sui rifiuti a Napoli e in Campania, questa sera, prima di andare a letto, compia su di sè un serio e severo esame di coscienza e si chieda, prima di accusare, se ha compiuto tutto, sino in fondo, il Suo dovere. L'Italia e gli italiani Le saranno grati.
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it


sabato 12 gennaio 2008

Povero Veltroni....



Povero Veltroni....

Nonostante la sincera antipatia che provo per lui e per il suo atteggiamento di buonismo da Notte di Natale, con tanto di accompagnamento musicale (Stille Nacht, o Tu scendi dalle stelle, a seconda delle circostanze) confesso e per primo ho stupito me stesso, che questa volta il povero Walter mi ha fatto un poco pena e ha suscitato, entro di me, un sentimento che un poco si avvicina quasi alla simpatia, immaginandolo, povera pecorella smarrita, tra le grinfie della Volpe e del Gatto, che questa volta hanno assunto le sembianze di Papa Benedetto XVI e del Suo scudiero il Cardinale Ruini.

Ma come avrebbe potuto il mite e buon Walter non soccombere sotto le critiche della Massima Autorità della Chiesa e del Suo Vice, vecchie volpi, esperte nelle arti subdole della politica vaticana, raffinatasi in secoli di esercizio del potere?

Da laico che festeggia ogni anno, a Porta Pia, il XX Settembre 1870, data che pose fine, almeno formalmente, all' iniquo potere temporale della Chiesa e che considera la Repubblica Romana del 1849 il momento più fulgido del Risorgimento, non ho potuto fare a meno di sorridere e gioire per il trambusto e lo sconcerto provocato dalle parole del Pontefice, negli ambienti capitolini e della politica nazionale, ma anche indignarmi per la ennesima, iniqua intromissione assolutamente fuori luogo, da parte della Chiesa e del Suo Capo, negli affari del nostro Paese.
"Un evento tragico come l'omicidio di Giovanna Reggiani, ha posto bruscamente i cittadini di fronte al problema non solo della sicurezza, ma anche del gravissimo degrado di alcune aree di Roma". Queste le testuali parole del Papa, chiare, nette, precise, inconfondibili, parole che condivido in tutto e per tutto nella sostanza, ma che non dovrebbero essere pronunciate dal Papa e che rappresentano, torno a dirlo, una Sua ingiusta ed ingiustificata intromissione in affari che non sono i Suoi, una al minimo, maleducata ingerenza, nelle competenze di altre persone. Al Papa gli affari della Sua Chiesa e dello spirito, a coloro cui spettano di diritto, gli affari terreni e in questo caso dell'Italia e della Sua capitale.
E se ad un laico come me risulta estremamente fastidiosa e sgradevole, l'ingerenza ingiustificata e assolutamente fuori luogo del capo di una confessione religiosa, in un ambito che non è assolutamente di sua competenza e che esula dai suoi limiti e dalle sue prerogative, ancora di più mi sconcerta l'atteggiamento dei nostri politici che, invece di richiamare la persona che ha travalicato i propri limiti, all'ordine, si intimidiscono e si umiliano, si spaventano, si perdono in interpretazioni e valutazioni del verbo papale, comunque assumendo un atteggiamento di vergognosa sottomissione, quasi fossero bambini rimproverati da un genitore, o da un insegnante, prova di assoluta debolezza e di scarsa consapevolezza dei propri compiti ed attribuzioni, delle proprie responsabilità di fronte ai cittadini, religiosi e laici, tutti.
Solo pochi giorni addietro e in circostanze analoghe la vicepresidente del Governo spagnolo, signora Fernandez de la Vega ha ufficialmente pronunciato queste parole, in risposta ad una indebita ingerenza della Chiesa negli affari interni dello Stato spagnolo:"La società spagnola non è disposta a tornare ai tempi in cui una morale unica era imposta a tutto il Paese, nè ha bisogno di tutele morali. Tanto meno ne ha bisogno il governo che non le accetta".
Parole ferme, dignitose, ineludibili e inappellabili, ma la "cattolicissima Spagna" lo sappiamo, ha nei Suoi politici, persone di tutt'altra dignità dei nostri e poi, particolare non trascurabile, non accoglie entro i propri confini il Papa, ospite non da tutti gradito.
Ma a tranquillizzare tutti i nostri politici sottomessi, giungono per fortuna, le successive e rassicuranti parole della autorità ecclesiale più accreditata, che precisano e vogliono far credere, che le chiare ed esplicite rampogne papali, di evidente, inconfondibile ed ineludibile significato, sono state mal interpretate e strumentalizzate da una parte politica avversa. Queste successive precisazioni e rassicurazioni, offendono la intelligenza di chi le ascolta e si manifestano ancora una volta, come prova ed esempio della ambiguità e della capacità di mistificazione tipica della raffinata e nei secoli affinata, scuola politica cattolica. Come possono infatti essere mal interpretate, parole di critica così esplicite e nette, chiare ed evidenti, come quelle letteralmente riportate in precedenza dal discorso papale?
Ma le rassicurazioni e precisazioni a posteriori hanno raggiunto il loro effetto, il mite Walter Veltroni è contento di godere ancora della stima e dell'apprezzamento papale, la pace è fatta con reciproca soddisfazione di tutti e la politica terrena e quella spirituale possono tornare a stringersi la mano.
Tutti felici, quindi, meno chi, laicamente crede ancora in una legittima separazione tra Chiesa e Stato, in una reciproca libertà nell'ambito delle proprie specifiche competenze.
Ma al termine di questo discorso mi sorge subitaneo ed inquietante un dubbio: che il Papa sia tanto preoccupato del "gravissimo degrado di alcune aree di Roma" perchè il Suo Vaticano è ospitato proprio nel cuore di quella stessa Roma, così degradata?
Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it



venerdì 11 gennaio 2008

Aggiungi un posto a tavola

Il S. Natale è da poco trascorso, i Rè magi, guidati dalla stella cometa si sono recati, come sempre ad offrire i propri doni, sempre uguali al Bambinello e sono già sulla via del ritorno, il clima di bontà e di solidarietà che si è respirato in questi giorni, aleggia ancora nell'aria, purtuttavia ancora una volta, di nuovo, il nostro sconsolante mondo si divide in buoni e cattivi.


Di fronte alla drammatica, disperante emergenza che affligge la Campania, sommersa e soffocata dai rifiuti, le altre regioni della nostra Italia unita, in seguito alla pressante richiesta del Governo, si sono subito divise in quelle "disponibili", "non disponibili" e semi-disponibili" ad accogliere nei propri territori una parte della mondezza campana, stabilendo così, di fatto, una gerarchia della spazzatura, secondo le categorie di "Buoni - semibuoni e cattivi". Tra i primi, in testa la Sardegna, che immediatamente ha manifestato la propria disponibilità e l'unica ad averla resa immediatamente operativa, seguita a ruota da Lazio, Emilia Romagna e Piemonte, con la eccezione della provincia di Torino, segnando così quest'ultima, un ideale anello di congiunzione tra i buoni e i semi-buoni, rappresentati in questo caso dalla Puglia, che ha assicurato il proprio supporto logistico e tecnico, ma si è detta impossibilitata ad ospitare rifiuti campani nelle proprie discariche.

Troneggia nella categoria dei "cattivi" il Nord, rappresentato dalla Lombardia, Veneto e Liguria che si sono dette indisponibili ad accogliere i rifiuti campani. Dal Governo è giunto però il pressante invito a tornare sui propri passi ed aggiungersi alla gara di generosità dei rifiuti.

Ma cosa facciamo noi singoli cittadini?

Influenzato e sopraffatto da questo clima di bontà e di fratellanza postnatalizio, propongo, dalle pagine di questo blog, una gara di solidarietà tra noi singoli, consistente nell'accogliere nelle nostre case, ciascuno di noi, un sacchetto di rifiuti campani, come se fosse un nuovo ospite da aggiungere alla nostra tavola, tradizione ora in voga nel giorno di Natale, sacchetto di dimensioni eventualmente diverse, a seconda della nostra disponibilità ospitale e della nostra capacità economica, (per famiglie particolarmente abbienti e numerose si potrebbe raggiungere anche il livello massimo di generosità, consistente nell'accogliere un intiero cassonetto da custodire ed accudire eventualmente nel soggiorno, o nella camera degli ospiti) . Fedeli al principio della raccolta differenziata dei rifiuti, si potrebbe anche istituire una accoglienza differenziata per categorie diverse di rifiuti stessi, ad esempio, carta, possibilmente stampata, per lettori accaniti, rifiuti invece alimentari per i buongustai e cultori della buona cucina, bottiglie ed altra vetreria per chi apprezza particolarmente i doni dell'uva, alberi di Natale secchi con relativi e connessi addobbi, statuette inservibili perchè rotte, del presepe, per gli istituti religiosi e via così secondo i gusti più specifici.
Io, dal canto mio e come promotore di questa gara di solidarietà, cercando di dare il buon esempio, ho accolto il mio sacchetto di rifiuti riservandogli il posto d'onore a capotavola.
Secondo il principio della raccolta differenziata esposto prima, il mio sacchetto di rifiuti, particolarmente gravoso e pesante è pieno....dei ricordi del passato, delle nostalgie, dei rimorsi, delle occasioni perdute e che mai torneranno, di quelle parole che si sarebbe voluto pronunciare e non si è fatto, di quelle parole che invece si sono pronunciate e oggi avremmo voluto non fossero mai state pronunciate e ascoltate, di quelle carezze, di quei sorrisi, di quei semplici gesti di affetto, che non abbiamo avuto il coraggio, o la voglia di dare e ormai è disperatamente troppo tardi, delle amicizie che si sono lasciate andare per noncuranza, o per uno stupido orgoglio, delle persone che sono uscite dalla mia vita. Lo tengo caro, vicino a me, sempre, con affetto.

Domenico Mazzullo d.mazzullo@tiscali.it
www.studiomazzullo.com