lunedì 14 settembre 2009

Coerenza






Tra pochi giorni si festeggerà a Roma e in tutta Italia la data del XX Settembre 1870, una volta festa nazionale, prima del Concordato, data che segna la liberazione di Roma e dei romani dal governo papale e con essa la fine del potere temporale della Chiesa.
L'ultimo Papa Rè, Pio IX , dovette arrendersi alla forza delle armi, visto che quella della ragione, della opportunità e della volontà del popolo italiano di essere finalmente unito in una unica Patria, non aveva fatto breccia nella caparbietà, nella grettezza, nella arretratezza di chi avrebbe dovuto esercitare un magistero spirituale e non un potere temporale.
Ma il potere temporale della Chiesa è davvero finito, davvero la Chiesa ha rinunciato, perchè costretta e non per sua volontà , ad esercitare il proprio potere sulle cose terrene, che dovrebbero essere solo appannaggio della politica, riservando a se stessa un magistero spirituale di guida, per chi a Lei crede?
Purtroppo, e non è solo un mio parere, sembra proprio di no, alla luce della inevitabile e inoppugnabile constatazione di come la Chiesa si ostini con protervia ed arroganza a mettere il naso e ad interferire in ambiti che non la riguardano più, ossia sulla vita politica, soprattutto della nostra Italia, che ahimè si trova ad ospitarne la guida e che viene ancora considerata come un feudo, o meglio un protettorato, avendone dovuto lasciare la direzione materiale.
Questo potere, esercitato dietro le quinte, senza esporsi direttamente, senza prendere iniziative materiali, ma pretendendo di guidare le coscienze, meglio detto coercizzandole, quando esse sono asservite ed hanno rinunciato a pensare liberamente, è ancora più subdolo, oscuro e pericoloso di quello precedente, che i nostri antenati hanno conosciuto, dai tempi della Santa Inquisizione, del rogo di Giordano Bruno e degli eretici, omosessuali, streghe, dissidenti dalla dottrina, della persecuzione degli scienziati, della repressione nel sangue dei movimenti patriottici del Risorgimento, della fucilazione di un bambino di 12 anni, reo di essere figlio del patriota Ciceruacchio, della esecuzione senza processo di Targhini e Montanari, dei ghetti ove la Chiesa rinchiudeva i perfidi ebrei, dei battesimi forzati di questi e di tanti altri atti di sopraffazione e violenza, per i quali la Chiesa, non si è certo distinta in generosità ed amore per la umanità, che non fosse a lei sottomessa.
In questa logica di esercizio sudolo di un potere, di indebita e impropria ingerenza negli affari terreni del nostro paese, di intromissione colpevole, perchè pienamente consapevole, nella vita politica della nostra Italia, si devono, a mio parere, leggere le parole che il Papa ha pronunciato domenica scorsa alla preghiera dell'Angelus, quando ha chiesto con forza ai cattolici di mostrare "coerenza" con la loro fede, nei "comportamente e nei loro stili di vita".
Fin qui nulla da obiettare, ma quando poi, subito dopo, la Radio vaticana ha diffuso il messaggio che il Papa ha inviato a Poznan (Polonia) al Congresso internazionale dei farmacisti cattolici, il messaggio si è reso immediatamente più chiaro nelle sue intenzioni e più esplicito nei suoi contenuti.
Il Papa ha infatti ricordato, ai farmacisti cattolici, "che non è lecito vendere farmaci, che non rispettano la vita umana, fin dal concepimento", il che, alla luce di quanto detto in precedenza deve, a mio parere, leggersi come un esplicito invito ai farmacisti cattolici, di contravvenire al proprio dovere professionale, secondo la legislazione vigente nel nostro paese.
Forse il Papa non sa, non ricorda, o finge di non ricordare che, come ha esplicitamente affermato Annarosa Racca, presidente di Federfarma, "Il farmacista non può mai rifiutarsi di distribuire i farmaci, perchè deve rispettare la decisione del medico, per legge, per i farmacisti non è prevista obiezione di coscienza".
Il farmacista cattolico o no, che rifiuta di consegnare al paziente un farmaco prescritto dal medico, è passibile di denuncia.
Parimenti sarebbe opportuno ricordare al pontefice che istigare a commettere un reato è esso stesso un reato, nonchè una indebita ingerenza negli affari interni del nostro paese.
Domenico Mazzullo